VENEZIA 71. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA - CONCORSO - COPPA VOLPI ALLA MIGLIORE ATTRICE (ALBA RORHWACHER) E AL MIGLIOR ATTORE (ADAM DRIVER) Al suo quarto film da regista Saverio Costanzo sbarca negli U.S.A. per trasporre il romanzo di Marco Franzoso, Il bambino indaco. Una storia d'amore che si distrugge a causa del troppo amore, dell'ossessione di rinchiudersi all'interno della famiglia e lasciarsi alle spalle tutte le contaminazioni, fisiche certo, ma anche quelle dell'anima, che si annidano nel mondo fuori.
Per caso e comicamente, come insistitamente suggerito nell'incipit che vale come un téte à téte, due ragazzi si incontrano all'interno di una toilette di un ristorante cinese negli Usa: lui e' un ingegniere americano giovane e spilungone, lei un'italiana delicata e diafana, impiegata presso l'ambasciata statunitense. L'attrazione reciproca di lui, impacciato come Pippo di Walt Disney lui, goffo ma a suo modo affascinante e di lei, eterea e delicata come una foglia d'autunno, ma anche tenace e risoluta quando c'e' da difendere ciò per cui crede, li coglie e li attrae: il risultato di questa chimica si estrinseca con la formazione di una coppia che suggella con la naturalezza del corso dell'esistenza un'unione che pare riuscita e forte.
La nascita di un bambino dovrebbe coronare quella complicità istintiva e solidale, da "noi due forti contro il mondo intero"; non fosse che le manie di lei di preservare già nel suo grembo quella creatura, estraniandola da contaminazioni esterne, con un senso ossessivo di protezione che devia nella maniacalità più ossessiva, costituiranno l'inizio della fine, tragica, dirompente, matematica come un teorema, forse alla fine necessaria ed indispensabile, e che vedrà implicata nella fosca vicenda pure la madre di lui.
Saverio Costanzo gira quasi tutto con la macchina a spalla, che destreggia con cura danzando attorno ai suoi attori ed in particolare ad Alba Rohrwacher, che si percepisce quanto gli sia vicina dal modo in cui la scolpisce ed iconizza, accentuando la fragilità fisica e psichica a cui la conducono certe scelte deliberatamente malate.
Costanzo gira un thriller dell'animo umano che scandisce i tempi e la suspence necessaria per arrivare ad una unca soluzione finale possibile.
Oltre ad una Rohrwacher sino inquietante, quel "topo Gigio" fantastico di Adam Driver gli fa da contraltare perfetto e paziente fino all'ultimo, convinto fino quasi alla fine in una soluzione che preservi la famiglia idealmente fantastica e perfetta che hanno saputo creare dal caso.
Hungry hearts è un film che ferisce con la schiettezza da thriller del suo sviluppo, che fa discutere ed alimenta polemiche spesso svianti o gratuite che poco hanno a che fare con l'epicentro intimo di una vicenda che deborda oltre i limiti dell'ossessione.
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