Regia di Jim Mickle vedi scheda film
"Il Texas è uno stato mentale", dice John R. Lansdale, texano, scrittore, anche e soprattutto "noir" e sceneggiatore per il cinema. Da un suo romanzo del 1989, Jim Mickle, giovane regista americano di talento (il buon "Mulberry Street", del 2006, e l'ottimo "Stake Land", del 2010), ha tratto questo thriller in salsa texana, che non gli fa fare ancora il salto di qualità, ma che segna un cambio di passo e di sguardo nella sua carriera. Innanzitutto ha a che fare con uno script solido, cosa che non guasta, e secondariamente ha dalla sua parte un attore straordinario come Sam Shepard, uno che con quella faccia lì e con l'esperienza che ha, il film te lo sorregge da solo. "Cold In July", bellissimo titolo, sono quasi due film in uno. Il film catapulta nell'atmosfera subito, senza tanti preamboli, e tutta la prima parte è quasi un lungo prologo, un po' disgiunto da quello che sarà successivamente l'evolversi della trama, ed è, questo, uno dei difetti di un "noir" che manca un po' di coerenza, lasciando aperti alcuni buchi narrativi. Ma gli attori, l'atmosfera e la tensione sempre palpabile, oltre alla sempre affascinante caratterizzazione sudista, lo sostengono egregiamente e il film si lascia guardare con piacere. Un prodotto di serie A, anche se di medio bassa classifica, decisamente superiore alla spazzatura di genere che viene spacciata per grande cinema. Un'opera che non ambisce agli Oscar, per fortuna, e fa quello che deve fare, zoppicando un poco, ma arrivando fino in fondo con grande onestà. Proprio come Sam Shepard. Bello.
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