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Camp X-Ray

Regia di Peter Sattler vedi scheda film

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La recensione su Camp X-Ray

di Tiaz gasolio
5 stelle

Camp X-Ray – La Recessione.
La guerra in Medio Oriente è diventata ormai l'argomento principale dei film di guerra, sostituendo Vietnam e Seconda Guerra Mondiale come scelta dei registi per parlare di conflitti e battaglie. Il regista Peter Sattler, al suo debutto alla regia, decide di dedicarsi ai retroscena della prigione di Guantanamo, la prigione americana situata a Cuba dove l'esercito USA incarcera i prigionieri di guerra, un luogo balzato alle cronache per il trattamento disumano che veniva offerto agli ospiti. Nello specifico in questa pellicola si parla di Camp X-Ray, ovvero il posto dove ai prigionieri contano anche i peli del culo, l'unica prigione dove i detenuti sono controllati ventiquattr'ore al giorno per raccogliere qualsiasi tipo di informazione per l'intelligence americana. Come protagonista ritroviamo Kristen Stewart, l'unica attrice al mondo che pur avendo delle buone capacità attoriali è riuscita a farsi odiare per il suo ruolo da protagonista nella merdosa saga di Twilight. In questo caso è la tipica soldatessa americana arruolatasi per dare un senso alla propria vita, la tipica storia del ventenne americano con una famiglia senza alto reddito che abbiamo visto in molti altri film. Insieme a lei viviamo l'allegra atmosfera di Guantanamo: supercontrolli, miliardi di porte di sicurezzza, spazi claustofobici, detenuti bastardi che si esprimono con dialetti incomprensibili che fanno scherzoni alle guardie come lanciargli bicchieri ripieni di merda. In questa grande atmosfera di pace e convivialità anche le guardie risentono della vita passata nel carcere, diventando persone fredde che vedono i detenuti come nemici e non come persone. Indovinate chi sarà la pecora nera di questo gregge di americani senza cuore? Ovviamente Kristen Stewart, perché lei a dispetto delle altre guardie, forse complice la sua sensibilità femminile, comincia a stringere una pseudo amicizia con il prigioniero Ali, interpretato dall attore Peyman Moaadi, ed è circa verso metà che questa pellicola inizia la sua parabola discendente. Sino ad ora, il regista era riuscito a rendere bene le atmosfere claustrofobiche del carcere e a farci discretamente empatizzare con i protagonisti, a mostrarci come certi rituali compiuti dai soldati quali il saluto alla bandiera sono assimilabili ai rituali religiosi perpetrati dai prigionieri mussulmani. Pian piano vediamo evolvere l'amicizia tra i due e, mentre gli spettatori si aspettano un colpo di scena, ci viene proposto il solito pippone sui diritti delle persone, sul rispetto del prossimo ecc. ecc., il tutto riportato su pellicola con una banalità disarmante. Passiamo con dei buchi di trama da una atmosfera claustrofobica dove i detenuti sono cotrollati minuziosamente a corani con dentro delle lame che lo sa veramente Jesus o Allah come hanno fatto a finire dentro una cella che dire di massima sicurezza è riduttivo, in un posto dove l'ispezione anale è un gioco giornaliero molto praticato; stessa cosa vale per l'introduzione di un libro con dedica dopo che ci hanno mostrato che le guardie a momenti controllano la carta igienica foglio per foglio. Il film ci porta verso un finale scontato con inutile messaggio di speranza. Un vero peccato, perché sino a più di metà di questa pellicola prometteva bene e purtroppo si va a concludere nella maniera più banale e scontata, si potevano mettere in gioco moltissime altre cose per chiudere in maniera egregia, come per esempio mostrare che il carcerato è veramente una merda d'uomo e quindi mostrare il dualismo tra personalità ed ideali, oppure al contrario vedere la protagonista diventare come i suoi compagni; invece il tutto si chiude molto banalmente, lasciando lo spettatore con l'amaro in bocca. per insulti anche non costruttivi.
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La Recessione
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