Regia di James Bridges vedi scheda film
Non era facile ricavare da un tema così ostrogoto come l’energia nucleare (ammettiamolo: noi massa ne sappiamo davvero poco, ma quanto basta per averne paura) un film talmente avvincente. Ed è forse l’arcano tecnologico-scientifico ad affascinare. Sebbene cadenzato sui ritmi di un qualunque altro thriller di un certo livello (penso agli imprescindibili Tre giorni del condor, per esempio, giusto per restare nel medesimo decennio), ha dalla sua questa irresistibile tematica: racconta e al contempo denuncia, illustra e spiega, con una efficacia che schiva la tediosità di un documentario prettamente didattico sfiorando l’inchiesta giornalistica con una tensione degna di un romanzo fantascientifico. La sindrome cinese del titolo evoca i fantasmi sempre presenti di un incubo nucleare che si potrebbe verificare da un momento all’altro: non è da sottovalutare, d’altronde, la potenza anti-nucleare del film di Bridges, essendo intrinsecamente un violento atto d’accusa verso le multinazionali senza scrupoli dell’energia e del carosello che vi gira attorno (compresa la subalternità dei media – testimonianza di come il potere risieda, oggi, nell’energia). La stessa presenza dell’appassionata Jane Fonda (non di certo immune dalla lotta politica, orgogliosamente militante) è un segnale che attesta il profondo valore politico di questo solido e determinato film, che si avvale soprattutto della grande prova di un Jack Lemmon sublime nell’impersonare i dubbi e le paura, il coraggio e il sacrificio di un uomo etico. Sindrome cinese non passa mai di cottura, e ogni volta genere nuove domande. Vero Scajola? Come in Quinto potere, altro pugno nello stomaco, non c'è una colonna sonora. Produce Michael Douglas.
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