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Sindrome cinese

Regia di James Bridges vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sindrome cinese

di tinodeluca
6 stelle

La sindrome cinese non è una malattia rara né un virus asiatico, ma una conseguenza delle capacità umane di trasformare l’opera compiuta dalle mani di Dio in disastro e desolazione.
Kimberly Wells (Jane Fonda) e Richard Adams (Michael Douglas) sono rispettivamente una giornalista e un cameraman di un’emittente televisiva degli Stati Uniti e stanno realizzando un servizio su un incidente verificatosi nella centrale nucleare di Ventana. Le riprese televisive, però, sono vietate e le immagini rubate di nascosto rivelano che, nonostante la calma e la padronanza dimostrata dal direttore della sala controllo Jack Godell (Jack Lemmon) – «È una valvola bloccata» – ci si è trovati sull’orlo della catastrofe. Da qui scatta un’inchiesta televisiva che, come si ritiene nei paesi civili, non è sinonimo di scandalo ma d’informazione e accertamento della verità.

«Hanno avuto problemi con il livello dell’acqua del reattore. I segnalatori per i quali sembrano preoccupati sono quelli dell’acqua nel nocciolo. Forse possono avere corso il rischio di scoprire il  nocciolo».

«Se è andata così, siamo stati molto vicini ad arrivare alla sindrome cinese, allora».

«A cosa?».

«Se il nocciolo è scoperto, per qualsiasi ragione, l’uranio si riscalda oltre i limiti di tolleranza in pochissimi minuti. E niente riesce a fermarlo. E fonde attraverso la base della centrale, in teoria arrivando fino alla Cina. Ma naturalmente, appena incontra una falda sotterranea, esplode nell’atmosfera, creando nuvole radioattive. Il numero di persone uccise dipenderebbe dalla direzione del vento, rendendo un’area grande quanto la Pennsylvania perennemente inabitabile. Per non parlare dei casi di cancro che si avrebbero in seguito». Ecco, questa è la Sindrome cinese, mica uno scherzo. Ne parla James Bridges nel suo profetico film del 1979.

Eppure l’energia è vita e si lega indissolubilmente all’esistenza dell’uomo: attraverso il carbone o la potenza dei fiumi e dei venti, la dobbiamo produrre per fare funzionare gli ospedali, i trasporti, l’illuminazione, il riscaldamento, il raffreddamento e tutti i servizi dei quali l’uomo si serve.

In rete ci sono molti siti dove documentarsi a proposito della produzione di energia elettrica. Le centrali termoelettriche usano il cosiddetto ciclo del vapore. In poche parole si usa del vapor acqueo surriscaldato ottenuto da acqua opportunamente trattata e purificata per preservare meglio gli impianti della centrale. Il vapore viene immesso in una turbina e trasforma la propria energia termica in energia meccanica di movimento. Il moto della turbina attiva un alternatore che genera energia elettrica che può essere immessa all’interno della rete di consumo.

E così molti paesi europei moderni, per non parlare del Nord America, hanno scelto di produrre l’energia – che avrebbero dovuto comunque produrre in qualche modo – per via nucleare: una scelta di vie diritte e brevi che, oltre che essere veloci, hanno il pregio di lasciare al palo i paesi concorrenti che scelgono quelle invece tortuose.

Le centrali nucleari generano il vapore acqueo usando il calore prodotto in una reazione nucleare controllata. L’Uranio-235, per esempio, decade, in gergo si fissiona, usando un neutrone e nel processo di fissione ne produce almeno due. Se questi neutroni colpiscono altri nuclei si genera, a condizione di avere una quantità sufficiente di Uranio in una reazione di moltiplicazione della reazione, una reazione a catena, che in un reattore nucleare viene controllata attraverso diversi meccanismi, ma che lasciata evolvere in modo libero è alla base del funzionamento della bomba atomica. Rassicurante, no?

E poi ci sono gli imprevisti. Il direttore della sala di controllo, Jack Godell, ad esempio non aveva previsto l’imponderabile, che non è causato solo dal terremoto, dallo tsunami, dal terrorismo, ma dal lampo di follia che si manifesta dove meno te l’aspetti: un uomo o una squadra o una multinazionale ad esempio, che per i motivi più assurdi – dalla distrazione al profitto, passando per l’inettitudine – possano omettere, sorvolare, falsificare un controllo. «Quel tremito, quella maledetta vibrazione che ho sentito durante l’arresto della turbina mi preoccupa. E invece non ha preoccupato nessun altro. Nei miei controlli scopro che qualche idiota ha falsificato le radiografie delle saldature. Trovo incredibile che un uomo possa spontaneamente falsificare i collaudi di un reattore nucleare».

«Ma allora la centrale non è sicura?», chiedono i due reporter. «Quella vibrazione era un allarme che c’imponeva di chiudere la centrale. Se mettono troppo in pressione quella pompa e scoppiano quei tubi…», risponde Godell. Circa la sicurezza, Benjamin K. Sovacool (A Critical Evaluation of Nuclear Power and Renewable Electricity in Asia, Journal of Contemporary Asia Vol.40, pp.369-400, 2010), ci ricorda che abbiamo avuto fino ad oggi ben 99 incidenti accaduti nelle centrali nucleari attualmente in esercizio.

Ma la chiusura della centrale non è un problema a sé: come nelle tessere di un puzzle, che s’incastrano le une nelle altre, le rivelazioni potrebbero scatenare un procedimento giudiziario contro la compagnia per un miliardo di dollari (dell’epoca, s’intende). Inoltre, una volta scelta la via del nucleare nasce anche il problema delle scorie: «Si esagera molto sul fatto che queste scorie sono radioattive e che, quindi, la loro radioattività pone particolari problemi. Si dice che sarà necessario aspettare dei secoli prima che questa radioattività scenda ai livelli di sicurezza», sostiene il solito ottimista nel film. Infatti, proprio perché quello delle scorie è un problema da nulla in America hanno speso 7 miliardi di dollari, che diventeranno 11 nel 2020, per un deposito di scorie nucleari che non hanno ancora finito e al momento dubitano di poter usare per smaltire le scorie delle loro 104 centrali nucleari.

Godell decide di portare a fondo i suoi controlli e chiede direttamente al funzionario che avrebbe dovuto effettuare i controlli sulle saldature: «Come fa a dire che le saldature andavano bene, se non le ha controllate?». «Quelle che ho controllato andavano bene». «Dica quante ne ha controllate e quali sono, potrebbe non esserci il tempo di ricontrollarle tutte». «Non me lo ricordo, non si comporti da sciocco, conosce la burocrazia. Le saldature hanno retto sei anni e reggeranno altri seimila».

Rendendosi conto di non potere mai convincere le autorità a chiudere la centrale, Godell decide di barricarsi dentro la sala di controllo e rilasciare una dichiarazione in diretta televisiva: «Sono un direttore di turno della centrale. Lunedì scorso, alle 03,36 del pomeriggio, c’è stato un avvenimento che… C’è stato un incidente! È stato più grave di quanto vi hanno fatto credere. Si è trattato di un errore: un relè difettoso nel circuito del generatore è scattato e ha aperto… Però questo non è quello che… La realtà è che c’è stata una vibrazione e non era normale!». Troppo tardi, troppe parole.  La brevità è l’anima del discorso. Le squadre speciali interrompono il collegamento tv, entrano nella sala operativa e fanno fuori Godell.

«È andato in onda qualcosa?», chiede Kimberly Wells alla regia mobile. «Abbastanza per fare credere che Godell era un pazzo». Una visione ribaltata, dunque: la follia non era stata quella di portare il mondo sull’orlo del disastro, ma quella di cercare d’impedirlo.

Dunque ne deduciamo che sia vero: le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.

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