Regia di Daniele Ciprì vedi scheda film
Che cos'hanno in comune Oscar, l'avvocato misantropo sempre alla ricerca di sotterfugi e pieghe legali per intentare causa al malcapitato di turno e ottenere un risarcimento in denaro, e Armando, ex-cameriere che ha scontato 27 anni di galera per un omicidio che dice di non aver commesso.
Forse niente e tutto: sono comunque i degni rappresentanti di una società in crisi, quella in cui le persone si guardano in cagnesco, cercando di fregare tranquillamente il prossimo; quella dove l'integrazione culturale è solo un titolo sui giornali; quella in cui si lavora sempre con la testa fissa ad altre preoccupazioni, apparentemente più marginali (il calcio, ad esempio); quella in cui si può essere felici solo se trasognati e inconsapevoli, come il messicano Nancho.
Non è un caso che i personaggi vengono mostrati così invecchiati e circondati da una grande abbondanza di volti caricaturali, esaltati in quella specie di bianco e nero usato da Ciprì; ma anche l'inserimento in un contesto vintage non impedisce però di riconoscere tutti gli evidenti riferimenti all'attualità.
In questo amaro contesto, al contempo grottesco e cinico, l'unico personaggio veramente positivo è il cane: esempio di abnegazione e fedeltà, che gli umani non riescono a mostrare.
E la buca è il simbolo dei problemi minimalisti con cui conviviamo e che nessuno - nonostante la loro minuzia - vuole affrontare fino a che non succeda un dramma.
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