Regia di Daniele Ciprì vedi scheda film
Un vero e proprio cratere, più che una buca: quello che si apre poco prima dei titoli d'apertura, colorati e d'animazione, nell'avvio onirico e sarcastico, piuttosto riuscito, dell'ultima fatica di Daniele Ciprì. Ed un cratere perché è in grado di inghiottire praticamente chiunque nella diffusione di un malcostume e di quella attitudine ad approfittarsi delle disgrazie altrui divenendo, ognuno a suo modo e col proprio stile, un professionista della truffa e del malaffare.
Tutto attorno la cornice di un paese che possiede i tratti contemporanei (palazzoni a schiera alti e dai colori sgargianti, piazzali incolti pieni di rifiuti tutt'altro che biodegradabili) così come quelli del medesimo posto cinquat'anni prima (autobus ed autovetture da metropoli cubana).
Oscar è un laido avvocatucolo, misogino e misantropo, sempre pronto a campar pretesti per intentare cause truffaldine per arraffare soldi a clienti e a presunti colpevoli di danni o azioni maldestre. L'ultima sua vittima parrebbe Armando, che da quando è uscito di galera tutti evitano tranne un cagnone affettuoso e affabile che non smette di seguirlo: il legale accusa il cane di averlo morso, ma quando scopre che non solo l'animale non è del malcapitato, ma quest'ultimo si è appena fatto 27 dei 30 anni di carcere come contrappasso per una rapina con omicidio (che neppure in realtà egli ha commesso), ecco che il suo piano si modifica divenendo, per una volta, ma solo per opportunità, l'occasione per intentare contro lo Stato una causa giusta e sacrosanta, che tuttavia è destinata ad avere una soluzione felice solo dal punto di vista teorico e non certo pecuniario.
La forza di Ciprì è la capacità di creare dal vero contesti e scenografie quasi irreali che la sapiente fotografia da egli stesso curata riescono a rendere davvero notevoli. Certo dopo il notevole “E' stato il figlio”, questa opera sarcastica e tagliente appare già dopo poco un po' troppo marcatamente caricaturale da rischiare la stucchevolezza. Così come appare ingessato e troppo isolato e monocordemente positivo l'unico personaggio “sano” (a parte il protagonista, un Rocco Papaleo comprensibilmente ed efficacemente spaesato dopo decenni di ingiusta ma quasi rassicurante detenzione lontano da un mondo di squallore e sopraffazione), ovvero quello della tenera ed avvenente barista Carmen, donna della vetrina di fronte, divisa da una strada trafficata e solcata dalla famosa buca, e da due uomini che in qualche modo le scaldano il cuore.
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