Regia di Peter Strickland vedi scheda film
32 TFF CONCORSO La ricca e annoiata Cynthia, esperta studiosa nonché collezionista di farfalle, ha una relazione sentimentale con Evelyn dai risvolti sempre più ambigui ed enigmatici. Il melodramma sadomaso lesbico di Peter Strickland (nessun uomo compare nel corso del film) è noioso come le puntigliose e documentate relazioni sulle farfalle che ogni tanto intervallano la narrazione, incrementando colpevolmente un tedio già presente in dosi massicce, ripetitivo e meccanico come i giochetti audaci con cui le due protagoniste si divertono a mettere in scena una teatrale e statica rappresentazione serva/padrona in un estenuante, rovinoso e spesso ridicolo ribaltamento di ruoli, gelido come le due monocordi e distanti protagoniste, erotico come un manuale di istruzioni per la raccolta differenziata. L’ironia che ogni tanto si palesa non riesce mai a ravvivare una narrazione dannatamente seriosa e ridondante, dalla morbosità ammuffita, dalle perversioni preconfezionate e dall’umorismo involontario. Quando Evelyn viene rinchiusa, legata, in un baule, per l’ennesima sua trovata viziosa, ti auguri vivamente che Cynthia si dimentichi di lei e la lasci lì dentro per sempre, per quanto il livello di sopportazione è già stato superato abbondantemente. Invece ti aspettano altri cinquanta minuti di lentezza mortale e sfiancante, spesso deprimente, complice una vicenda che gira di continuo a vuoto, faticosa e pericolosamente povera di idee, in cui il regista pare più che altro interessato alla ricerca di una bella e studiata inquadratura, senza preoccuparsi minimamente di un possibile coinvolgimento emotivo dello spettatore e soprattutto di dare spessore e credibilità a personaggi tratteggiati con pacchiana superficialità, mortificante schematismo e colpevole demenza. C’è una parentesi comica piazzata un po’ a caso (l’acquisto di un nuovo letto per il compleanno di Evelyn, utile a provare nuove esperienze) e c’è pure una lunga e insostenibile sequenza onirica (prima della conclusione) che inizia con la macchina da presa che si infila letteralmente tra le gambe di una delle due protagoniste e si apre con il volo di una farfalla, giusto per mettere in luce la finezza e l’eleganza anche allegorica di un’opera che ha la sensibilità e la delicatezza dei film con Chuck Norris. Offensivo scomodare Buñuel per un film il cui scavo psicologico è ancor più dilettantesco ed avvilente di quello presente nella commedia scollacciata italiana degli anni settanta (già perché una delle due protagoniste si diverte anche a spiare dal buco della serratura l’amante mentre si spoglia). Cinema presuntuoso, soporifero, compiaciuto, indisponente, fintamente provocatorio e scandaloso, non ha nemmeno il coraggio di essere spudoratamente spinto e sensuale.
Voto: 2
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