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Silkwood

Regia di Mike Nichols vedi scheda film

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La recensione su Silkwood

di Baliverna
8 stelle

L'azienda ha un bel rassicurare i dipendenti sull'assenza di rischi per la salute, ma le radiazioni non badano alle loro parole, e non perdonano.

E' un sincero film denuncia, che predilige i mezzi toni e l'assenza di retorica. Nichols infatti ci presenta a poco a poco la situazione in cui inizia la storia, cioè quella di un'azienda che tratta e vende metalli radioattivi, pericolosi per i dipendenti che ci lavorano. E' proprio questa pericolosità ad emergere gradualmente nella prima metà del film, in un modo simile a nel bellissimo "L'ultima spiaggia" di Stanley Kramer (sulla guerra atomica). Le misure di sicurezza e le protezioni agli operai sono solo dei puntelli verso la contaminazione, non certo delle precauzioni che permettono di lavorare tranquilli e sani. Insomma, così o cosà, presto o tardi si viene contaminati dalle radiazioni, ci si ammala e si muore; il sentirsi protetti è un'illusione.
I capi si lamentano con i dipendenti delle ristrettezze finanziarie in cui l'azienda si trova, e se ne servono per minacciare il fallimento e farli lavorare di più. A giudicare però dalle forti pressioni, interne ed esterne, a cui sono sottoposti, minacce comprese, la situazione reale è diversa. Il giro d'affari c'è ed è enorme, tale da abbassare tutti gli scrupoli morali dei datori di lavoro, e da coinvolgere controllori e medici in una cospirazione per negare i pericoli sulla salute della radioattività. Ma sappiamo che la verità è vuole e ottiene il suo, e ha le gambe lunghe.
Il vedere gli operai contaminati, coscientemente o meno, con bruciature sulla pelle o senza sintomi iniziali, mi ha prodotto una certa angoscia e impressione. Io, tra l'altro, sono tra i contrari all'energia atomica, a prescindere dai vantaggi economici. Le contaminazioni accidentali, il problema delle scorie, e i possibili disastri sempre dietro l'angolo (Cernobyl) mi hanno persuaso. In ogni caso, il regista mostra senza spettacolo, ma pure con incisività, il dramma di questi poveri schiavi usati per pochi soldi dalla compagnia, e lasciati contaminare senza rimorsi di coscienza. Un fatto inquietante è anche che la contaminazione può avvenire a loro totale insaputa, come un male invisibile e senza sintomi, ma che non manca poi di far sentire i suoi tragici effetti sulla loro salute nel medio termine.
Meryl Streep offre una interpretazione convincente e consapevole, anche se all'inizio non mi è troppo simpatica per l'aria sbarazzina e femminista che si dà. Però, come l'attrice inizia a mostrare le angosce e il dramma del suo personaggio guadagna un sacco di punti. Cher, nei panni dell'amica lesbica, rimane un po' nell'ombra e sottotono. Più che apprezzabile, invece, un Kurt Russel reduce di "1997: Fuga da New York", ma pure completamente diverso. Ciò prova la versatilità dell'attore, sia come recitazione che nell'aspetto fisico. Ho trovato bellissima la scena - grazie all'apporto di regista e attori - dove i medici mentono ai poveri contaminati sulla pericolosità delle radiazioni.
In generale è una pellicola che si segue con interesse e a volte raccapriccio, la quale ci fa vedere una volta di più che, dove girano molti soldi, il rispetto alla persona e la protezione della sua salute vengono facilmente messi da parte.

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