Regia di Edward Zwick vedi scheda film
La grande partita del titolo è quella che si giocò tra il campione del mondo di scacchi Boris Spassky (Schreiber) e lo sfidante americano Bobby Fischer (Maguire), asso tanto precoce quanto folle e imprevedibile. La partita fu anche, se non soprattutto, una metafora della guerra fredda, al punto che, davanti ai ripetuti capricci di Fischer in quel di Reykjavík, città che ospitò la partita, dovette mobilitarsi niente meno che il segretario di stato americano Henry Kissinger.
Il film di Edward Zwick (Blood diamond, Defiance) ricostruisce quell'evento di portata epocale forgiandolo come un biopic concentrato sulla figura eterodossa del campione americano. Ebreo antisemita, anticomunista fino al midollo, paranoico affetto da manie di persecuzione, misantropo e misogino, Fischer esordì malissimo in quella lunga sfida, cambiando successivamente le sorti del confronto e, metonimicamente, quella tra USA e URSS, a partire dalla sesta partita, ancora oggi ricordata come la più bella della storia degli scacchi. Tobey Maguire incarna il suo personaggio in maniera credibile, sottolineandone vezzi e assurdità. Liev Schreiber gli contrappone uno Spassky disorientato e ipertonico, poco vicino alla fisionomia dell'originale ma comunque tratteggiato con cura. Una regia sobria ed abile nel conferire dinamismo al nucleo centrale del film fanno il resto, per una delle non molte opere cinematografiche dedicate al gioco di alfieri, re e regine. Per gli appassionati del genere, è d'obbligo una ripassata al notevole documentario Bobby Fischer against the world.
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