Regia di Alan Rickman vedi scheda film
LE JARDIN DU ROI (da noi Le regole del caos) è ambientato a fine '600, quando il Re sole dà incarico al suo fidato architetto Le Notre di occuparsi della costruzione della sua dimora in Versailles, dedicandosi in particolare alla costruzione degli splendidi giardino che ancor oggi stupiscono l'occhio più smaliziato per la perfetta simmetria e distribuzione armonica degli spazi e delle distanze.
Tra i collaboratori scelti dall'uomo, freddo, diffidente e poco socievole, finisce per spuntarla il personaggio sulla carta meno avvezzo ad ispirare l'architetto: per di più una donna! Sabine De Barra, la prescelta dopo mille tentennamenti ed indugi, ha una concezione della struttura del giardino senz'altro ad accumulo e suggestione, che, almeno in apparenza, comunica abbondanza e disordine emozionale, caratteristiche decisamente avverse al carattere del sovrano, amante dell'ordine e della prospettiva, delle proporzioni e delle geometrie "controllate" e matematiche.
Tuttavia anche una certa attrazione fisica esercitata dalla avvenente progettista, unita ad una non consueta concezione dell'organizzazione geometrica degli spazi verdi come si concepivano in quell'epoca di dimore principesche e smisurate, le farà spuntare sulla concorrenza, il titolo di responsabile della progettazione e dei lavori, favorendo altresì lo svilupparsi di una storia d'amore tra Sabile e Le Notre che renderà osteggiata la presenza della donna a corte, nonostante il successo esercitato dal difficile lavoro di progettazione e costruzione, che renderà entusiasta l'esigente re di Francia.
Alan Rickman, attore spesso molto bravo e non nuovo a passare dietro alla macchina di regia, dirige un film in costume piuttosto tradizionale (se non addirittura convenzionale) dove le ricostruzioni d'ambiente divengono l'occasione per filmare scenografie e ricostruzioni un po' statiche e laccate sino all'improbabile. Brava Kate Winslet, come del resto quasi sempre succede, un po' statico e rigido appare invece l'imbellettato e lunghi capelli Matthias Schoenaerts, che pare troppo inutilmente assorto per risultare credibile.
Insomma ci troviamo anni luce lontano dal Greenaway meraviglioso e numerologo de Il mistero dei giardini di Compton House, per ritrovarci dalle parti del prodotto hollywoodiano su commissione, stilisticamente impeccabile ma qualitativamente u po' piatto.
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