Regia di James Wan vedi scheda film
Non basta la truzzaggine latente ed ostentata qui onnipresente, che suggella una volta in più il binomio trash ma a suo modo coerente “motori ruggenti+chiappe esibite, in un vedo-non vedo che solo l’anacronismo americano riesce a rendere plausibile e non censurabile dal falso buonismo dilagante.
Nemmeno il mellifluo, fastidiosissimo, incongruo atteggiamento paternalistico del Toretto di turno, sempre più rozzamente sentimentale (la sua orgogliosa rivendicazione:“Io non ho amici…ho una famiglia”, finirà dritta filata negli annali delle battute a loro modo indimenticabili, epocali, generazionali), sarà in grado di distruggere (al massimo potrà scalfirlo) l’ennesimo episodio di una saga che, manco potesse prevederlo, è diventata orfana del suo secondo protagonista Paul Walker (morto prima del termine delle riprese in un rovinoso incidente d’auto, quasi come per una divina o strafottente, crudelissima regola del contrappasso), ma si è arricchita in compenso di tante più o meno illustri star della grande ed oliata macchina hollywoodiana da incasso.
La stessa epopea che ora pare, nonostante tutto, destinata a proseguire se non all’infinito, almeno ancora per i prossimi tre episodi.
James Wan è abilissimo, impeccabile a dirigere uno 007 riveduto ed aggiornato che risulta molto godibile nonostante quanto sopra: saranno le location esotiche che ci ricordano i James Bond di Roger Moore, sarà Dwayne Johnson sempre più cartoon ed inverosimile, o Jason Statham finalmente cattivo sul serio (?), sarà che Michelle Rodriguez in rosso vestita in quel di Abu Dhabi è davvero la migliore Bond girl (seppur apocrifa) degli ultimi dieci anni (la lotta all'ultimo colpo tra le due super-donne nei saloni hi tech del grattacielo dello sceicco ha atmofere bondiane che più non si riuscirebbe ad immaginare).
Insomma al settimo capitolo della saga si riesce a trovare la forza di farsi perdonare tutto ciò che di insopportabilmente politically correct interviene ad incenerire (ma senza riuscirci veramente!) l’innegabile spasso che uno spettacolone fragoroso ma ben congeniato, concede e regala anche allo spettatore meno avvezzo a certe facilone grevi mega-produzioni di massa.
Tante le scene madri che vedono coinvolti soprattutto il nostro duo attoriale originario: citerei su tutte quella del camion in bilico sul burrone, e soprattutto quella del bolide sul grattacielo dello sceicco, in procinto di bucare, come un bruco nel formaggio, ben tre grattacieli che si stagliano parallelamente sui cieli della città nel deserto degli Emirati arabi.
Un duo, dicevamo, che qui si dà un addio forzato e prematuro, accennato solo fuori sceneggiatura con un omaggio (in fondo doveroso) di quasi dieci minuti rivolto al bel Paul Walker e ai suoi contributi preziosi a quasi tutti gli altri film della fortunata serie.
Alcune scene col Walker hanno necessitato di controfigure ed effetti sostitutivi che almeno in parte si intuiscono in qualche scena di lotta concitata, ove l’attore scomparso viene ripreso sempre di sfuggita o di spalle, con l’uso di accorgimenti ed effetti sapientemente efficaci.
Vin Diesel rimane il leader, il re leone saggio, buono, brontolone, ma letale quando serve.
Nonostante la pedanteria del suo modo di fare, il suo è un personaggio – simile ad un Riddick dei nostri giorni - che non riusciamo comunque a detestare.
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