Regia di Christophe Honoré vedi scheda film
VENEZIA 71. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA – GIORNATE DEGLI AUTORI
Il 2014 è anche l'anno cinematografico di Ovidio e delle sue Metamorfosi: e dopo il riuscito, appassionante e fin commovente Amori e metamorfosi della israeliana Yanica Yariv, coporoduzione italo-francese a basso costo presentata con un ceero successo al Festival di Locarno 2014, è ora la volta, alla Mostra di Venezia, della versione francese a cura di Christophe Honoré- Un regista per la verità un po' discontinuo, legato fortemente alle emozioni legate alla scoperta o alla presa di coscienza della sessualità, alla riflessione sull'erotismo che si puntualizza sullo sguardo insistito sui corpi, spesso giovani, qui giovanissimi, dei protagonisti coinvolti nei tre capitoli che compongono l'opera.
Al centro della vicenda la giovane adolescente Europa, che, marinando la scuola dopo essere stata indotta in tentazione dal bel camionista Giove, viene proiettata in una dimensione quasi magica dove la mutazione dei corpi, sia essa dovuta all'apparentemente “semplice” passaggio dall'adolescenza all'età adulta, sia quello della vera e propria trasfigurazione in altri esseri od animali, sia infine legata a certe forme ibride di sessualità, finisce comunque per condizionare il cammino di vita della giovane protagonista, attorniata e turbata dalle tre figure mitologiche (le altre due sono Bacco ed Orfeo) in un percorso formativo che non potrà non condizionarla.
Costellato di nudi frontali ed esibizioni fiere ed appassionate di genitali come a ricordare i tempi non lontani della star del porno Francois Sagat e del suo L'homme au bain (decisamente più riuscito), Métamorphoses appare dall'inevitabile confronto con il già citato e ben più sofferto ed attinente Amori e Metamorfosi, come un pruriginoso e furbetto pretesto per mostrare bellezze adolescenziali peccaminose e riscaldate e rese torride dalla vitale irresistibile imperfezione attraente della giovinezza e dell'ardore di vivere. Di fatto spunti accattivanti, ma qui molto fine a se stessi, come prigionieri di un gioco artificioso e dal fiato corto, che invece nell'altro e ben più genuino film parevano divenire il motore portante di una drammatica messa in discussione della propria natura, di una scelta imposta da una genetica che non sempre regola in modo esatto apparenza ed attitudine insita in se stessa. Consiglio a questo punto di vedere, se e quando sarà possibile, Amore e Metamorfosi, genuino e personale, sentito e necessario, per rendersi conto di quanto sia artificioso e fine a se stesso, calcolato e un po' maliziosamente astratto, questo ultimo film di Honoré.
Restando liberi, ovviamente, di pensarla diversamente e tutto al contrario di quanto hanno comunicato a me le due opere così simili, ma anche così diverse, dopo l'inevitabile confronto tra di esse, che diventa opportuno e necessario considerata la fonte di riferimento che le accomuna.
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