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Métamorphoses

Regia di Christophe Honoré vedi scheda film

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La recensione su Métamorphoses

di EightAndHalf
8 stelle

La realtà del presente puzza di contraddizioni, di ambiguità, di assenza di risposte e di mancanza di certezze. Dunque perché non ricondurla a una Bellezza originaria che possa ridurne gli aspetti artificiali (e artificiosi) e riportarla a una dimensione panica fatta di pulsioni e di leggende?

 

Amira Akili

Métamorphoses (2014): Amira Akili

 

Métamorphoses è una semplice sequela di storie, l’una concatenata o contenuta nell’altra, che non hanno altra funzione se non quella di ciò che immanentemente stiamo vedendo. Se va fatto infatti un discorso su Métamorphoses dobbiamo immaginarlo fuori, a posteriori, in un contesto che non è quello del film in sé. Perché il film di Honoré, normalmente regista sopravvalutatissimo autore di opere scadenti come Ma mère, non aspira a niente se non a quello che mette in scena e appunto narra, con la levità e la leggerezza di un capolavoro dell’arte. La radice letteraria di Ovidio (Le Metamorfosi) subisce essa stessa una vera trasformazione artistica, divenendo una successione di immagini dotate di una estasiante semplicità, immediate, mai rivolte verso nessun tipo di messaggio implicito ma sempre presenti lì per comunicare visivamente e con i sensi. Infatti Métamorphoses è un’utopia classicista che aspira a ricondurre il mondo come noi oggi lo conosciamo all’immediatezza dei sensi, un’idealizzazione arcadica che però non corrisponde alle abituali volontà dell’uomo civilizzato, quanto piuttosto a un desiderio più irrazionale e profondo, proprio dell’umanità in toto.

 

Sébastien Hirel, Amira Akili

Métamorphoses (2014): Sébastien Hirel, Amira Akili

 

Diviso in tre capitoli (Giove ed Europa, Europa e Bacco, Europa e Orfeo), il film narra appunto la storia di Europa, giovane ragazza di periferia, che viene avvicinata misteriosamente da un dio che dice di chiamarsi Giove, e che intrattiene con lei un’appassionante e mistica relazione erotica. Da quel momento in poi Europa comincerà a muoversi in giro per le foreste, incontrando prima Bacco e poi inseguendo Orfeo fino al suo nascondiglio, ascoltando, durante le sue peregrinazioni, le storie di Atamante e Ippomene, dell’Ermafrodita, dell’uomo dai cento occhi, delle tre mortali che non credettero alla divinità di Bacco, di Orfeo ed Euridice e altre inserite geometricamente all’interno del tessuto filmico. Fino a un ricongiungimento definitivo con l’astrattezza assoluta del mare.

Se anche il tema naturalistico non spicca per originalità, quello che più stupisce di Métamorphoses è proprio la scelta coraggiosa di fare un film che sia nelle forme che nei contenuti aspiri all’immediatezza. In mezzo a un cinema che tenta di raggiungere l’Assoluto soltanto attraverso storie che si propongano come lineari e frequenti, oppure con toni ermetici e sofisticamente filosofici, Honoré decide di raccontare le storie più classiche per eccellenza inserendole nel mondo di oggi, al confine fra la città e la campagna, individuabile da scuole, campi da basket e edifici quasi da banlieu. E mentre il film trionfa nella sua linearità, è anche l’estetica che si fa lineare, normale, dotata di movimenti o estremamente illustrativi (e di conseguenza contemplativi) o fortemente onirici, considerando però che si tratta di un onirismo davvero algido, freddo, disposto su una dimensione bidimensionale in cui si constata la Bellezza e la si riassocia a ciò che Bellezza oggi non è, ovvero al lato più barbaro di noi. Visto l’accostamento al classicismo, verrebbe da rifarsi al cinema di Pasolini (Edipo Re), ma siamo in tutt’altra dimensione, contenutistica ed estetica.

Il frequente ricorso ai nudi integrali si rivela dunque fondamentale, e non suona come la solita ricerca di scandalo che caratterizzava i film precedenti del regista. Qui Honoré valorizza attori sconosciuti fisicamente perfetti, affidando loro sequenze tenui e non riconducibili a nessun vero genere artistico (né realismo, né espressionismo, né onirismo semplice né nient’altro di davvero codificabile). E così crea una vera e propria parentesi esistenziale in cui dimentichiamo le contraddizioni del nostro essere e cominciamo a volteggiare in sequenze ipnotiche e quasi teatrali.

 

Amira Akili

Métamorphoses (2014): Amira Akili

 

Presentato nella sezione Giornata degli Autori al 71° Festival del Cinema di Venezia, Métamorphoses è il classico film dalla stroncatura facile, non facilmente leggibile né realmente facile rispetto agli standard cinematografici odierni. È dunque il tipico film dotato di pochi strenui sostenitori. Ma fa parlare di sé, ed è un fulmine a ciel sereno, incantevole, selvaggio ed estasiante dal punto di vista estetico, oltre che profondamente emozionante, nonostante l’apparente freddezza.

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