Regia di Jonathan Lynn vedi scheda film
Questo piccolo capolavoro (assai sottovalutato), tratto dal bellissimo gioco di società, dimostra anzitutto che i disneyani non si sono inventati nulla nel trasportare sul grande schermo attrazioni del loro parco di divertimenti (Pirati dei Caraibi, La casa dei fantasmi): già qualcuno molto prima di loro aveva pensato di trasportare un gioco (in senso lato) in celluloide. Signori il delitto è servito è un film geniale. Ha il raro pregio della breve durata (la breve durata è funzionale all’attenzione e al ritmo: anche solo un minuto di più avrebbe distrutto il perfetto impianto) e si articola con eleganza e spasso tra i meandri di una casa iconograficamente legata agli horror di Poe e Shelley, internamente arredata come nei gialli di Agata Christie con Poirot come protagonista. E mescolando questi ingredienti estetici, l’esordiente Lynn (che dopo questo folgorante colpo di genio non avrebbe mantenuto le promesse) si prende beffa di tutti quegli elementi che in qualunque altro film avrebbero fatto la gioia dei patiti dei polizieschi dalla formula “chi-è-l’assassino?”.
Proprio perché ispirato ad un gioco, è una danza allegramente funesta, tutta giocata sull’eccesso e sul surreale, un intricatissimo e complicatissimo valzer di omicidi e intrighi e segreti servito con ingegno e sagacia da una sceneggiatura al fulmicotone da premio, che regala non poche battute memorabile, dialoghi a dir poco fantastici, un ritmo sostenuto con energico brio. La partita dei sei giocatori in campo si struttura tra tradizione e dissacrazione attraverso altrettanti omicidi, in un’atmosfera a dir poco onirica in cui il massimo della nera comicità lo si raggiunge con l’arrivo del poliziotto di colore, quando i sei personaggi inscenano buffonate macabre sfondo sessuale assieme ai tre morti (fino a quel momento sono ancora tre). Sferzante e sorprendente, pieno di colpi di scena, questo divertissement elegante e sofisticato, illuminato da una fotografia colorata e brillante, può contare non solo sulla regia stupefacente e pertinente di Lynn, ma soprattutto su un cast pressoché perfetto, divertito ed intonato.
Curioso vedere in carne ed ossa personaggi che tu ritieni non più di una figura su una cartina di un gioco: ecco allora che sfilano il sessuofobico professor Plum, la funerea signora White (la grandissima Madeline Kahn), la provocante signora Scarlett, il rigido colonnello Munstard, la logorroica signora Peacock, il mansueto signor Green, tutti guidati da un maggiordomo di luciferina potenza. Che forse non la racconta giusta. L’assassino è sempre il maggiordomo, si dice. Qui il bello è che non si capisce realmente quale sia l’effettiva conclusione della partita. Tre finali: di mezzo ci sono la politica, le spie, i servizi segreti, gli inganni; ma l’epilogo, alla fine, dimostra come sia sempre il ricatto la matrice di omicidi del genere. Queste tre versioni dei fatti impreziosiscono una perla luccicante e poco apprezzata, da rivalutare subito. Magari dopo aver fatto una avvincente partita a Cluedo, uccidendo il “Body” con un candelabro o con una rivoltella, oppure con un cappio, o un pugnale o una spranga, o invece una chiave inglese. Divertitevi.
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