Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film
Alice Rohrwacher, alla sua seconda prova nel lungometraggio, ha uno sguardo consapevole che ci restituisce in pieno l'essenza di ciò che crea e cattura : “le Meraviglie” è una parca, traboccante opera ricolma di immagini primigenie ed ancestrali, cariche di mistero e panico, sbalordente torpore : un fresco breviario con abbrivio sull'adolescenza.
Anni '90 al loro zenit, ci si nutre di corpuscoli di luce.
“Noi eravamo preoccupati per il tetto del debito pubblico e i nostri amici d'oltreoceano erano impegnati a bloccare i concorsi di bellezza per bambini e a sostenere l'euro.”
Stephen King - “Summer Thunder” ( da “Cemetery Dance”, poi in “the Bazaar of Bad Dreams” ) - 2015
Calpestando la propria ombra che cade a picco in un eterno mezzogiorno del creato, mimetizzandosi con la terra brulla e riarsa, Gelsomina (Maria Alexandra Lungu), lineamenti etruschi per adozione mimetica, capofamiglia per procura [ Wolfgang, il padre (Sam Louwyck), verso cui prova una sorta di ripugnanza spirituale mista ad amore egoistico in cerca di gratificazione; Angelica, la madre (Alba Rohrwacher), Cocò, la zia-cugina-sorella maggiore (Sabine Timoteo) e Marinella, la sorella di mezzo (Agnese Graziani) : impersonate da tre attrici e non attrici eccellenti; Caterina e Luna, le sorelline più piccole (E.L.P. e M.S. Morrow); Adrian, lo zio (André M. Hennicke) ], danzando come una falena sia al fulgore del faro astronomico di Sol che alla fioca lanterna del tubo catodico [ con picchi di radiazione cocente estrusa da Milly Catena (Monica Bellucci) attraverso le antenne di una televisione locale ], non rifugge e non disdegna “le Allettanti Promesse” di un mondo in cui i (bi)sogni e gli sconsiderati desideri degli esseri umani cadono al suolo falcidiati dagli stessi Homo s. sapiens come api dai pesticidi [ sparsi dal vicino di fattoria...o azienda agricola, Carlo Portarena (Carlo Tarmati) ], e rattrappiti a lumicino vengono esiliati dall'orizzonte come le gelide incandescenze delle lucciole dal pervasivo inquinamento luminoso innescato da un antropocene che, evidentemente, sta per finire. Qui non si vuole redimere la vita, ma raccontarla.
In uno specchio di miele.
“Che nessuno venga a raccontarmi che l'infanzia trascorre in un presente senza tempo: è piuttosto una febbre di futuri, un ardore di continue anticipazioni.”
Steven Millhauser - “Edwin Mullhouse: The Life and Death of an American Writer (1943-1954), by Jeffrey Cartwright” - 1972
Alice Rohrwacher, alla sua seconda prova nel lungometraggio di finzione da lei scritta e diretta [ montaggio: Marco Spoletini, musiche: Piero Crucitti, scenografia e costumi: E. Frigato e L.Buscemi, suono in presa diretta e montaggio del suono: Cristophe Giovannoni e Marta Billingsley; produzione ( ad emissioni meno di zero ed attivamente sostenibile ) : Carlo Cresto-Dina (Tempesta, in collaborazione con RaiCinema), Karl 'Baumi' Baumgartner, Tiziana Soudani, Michael Weber; canzone portante (utilizzata kubrick-scorsesianamente) : "T'appartengo" (Migliacci, Angiolini & C.) ], ha uno sguardo (per e non pre)formato, sostanzialmente carico e Consapevole, che ci restituisce in pieno - dio nella macchina che produce pericolosa innocenza ( di stupida, indifferente, cattiva ignoranza adulta e della tabula rasa ricca d'incognite in potenza ch'è la fanciullezza, col suo perpetuo incanto immaginifico ) a getto continuo - l'essenza di ciò che crea e cattura : “le Meraviglie” è una parca, traboccante opera ricolma di immagini primigenie ed ancestrali - cariche di mistero e panico, sbalordito torpore, ma al contempo immediatamente riconoscibili ed assimilabili - messe al lavoro sulla mitopoiesi famigliare e personale, che straripano dall'obbiettivo della cinepresa, irrompono nell'alveo da fiumara ( “Corpo Celeste” : se nell'opera di esordio dio ''scompariva'' per essere sostituito da uno stupore, un'incredulità, un desiderio più profondi e sani, ne “le Meraviglie” tocca alla famiglia subire, negli occhi di chi la vive dall'interno, un'evoluzione radicale, che la irrobustisce. Il prossimo sarà un film sulla...patria/matria? ) che ha scavato il cinema di Carlos Reygadas ( “Stellet Licht-Luz Silenciosa”, “Post Tenebras Lux” ) e lo ripopolano di vita. Ambientata sulle sponde di un Trasimeno o di un Bolsena [ e girato proprio in mezzo ai due laghi di origine vulcanica e/o tettonico-alluvionale : a Sorano (Grosseto), e ai Bagni delle Terme San Filippo a Castiglione d'Orcia (Siena) ] ) che sembrano il Tirreno e l'Egeo, e uno scoglio isolotto a mezza costa [ a guisa d'Isola dei Morti di Böcklin (cit. A.Pezzotta-ftv.it) ] che nasconde vasche, piscine, cascate e ruscelli gorgoglianti tra le bianche concrezioni di carbonato di calcio, "le Meraviglie" è una seconda prova matura, meditata e potente, sul Teatro dell'Adolescenza.
Mutuando un termine preso in prestito dalla scienza ( Alain Berthoz ), ed utilizzato anche da Jan Fabre nel suo teatro ( tra l'altro, l'autore di "Je Suis Sang" è il discendente di un eminente entomologo, J.-H. Fabre ) - composto da rappresentazioni in cui spesso e (mal)volentieri gli animali vengono trattati come bestie -, si può affermare che “le Meraviglie” si manifesta come un'opera che collima con la semplessità ( crasi tra semplicità e complessità ), vocabolo che sta ad indicare il carattere, la condizione e la qualità intrinseca che qualsiasi forma vivente ( o artistica/artigianale ), anche la più semplice, possiede, ovvero quella dell'essere costituita da miriadi di sottotesti al lavoro e in armonia ( anche violenta ) tra di loro, i quali costruiscono ed erigono un'immane complessità, anche se in superficie appare ''solo'' una meravigliosa coerente simmetria, organicamente e strutturalmente ricolma pure di vestigia inutilizzate ( appendice ), percorsi ciechi ( nervo vago ), etc...
Ragazza con Paesaggio.
“Ciò che ha importanza non è la fetta di storia sull'emulsione, ma la nostra capacità di svilupparla.”
Richard Powers - Three Farmers on Their Way to a Dance - 1985
La sceneggiatrice e regista, imbastendo la storia s'un canovaccio di propria autofiction, assieme alla oramai fidata direttrice della fotografia, Hélène Louvart ( Wim Wenders, Claire Denis, Léos Carax, Jacques Doillon, Christophe Honoré, Agnès Varda ), è estremamente cosciente e del tutto responsabile della Luce, dei Corpi, delle Ombre, dei Volti, delle relazioni fra i caratteri, delle azioni che compongono il quadro, dei movimenti della camera a mano e dei fuoricampo [ questi ultimi forse un poco troppo reiterati in un gioco delicato e di sbilenca bellezza in quanto l'entrata e l'uscita di scena delle parti essenziali della contingenza escluse/incluse dall'inquadratura con archi esplorativi a girare sul proprio asse e semi-giroscopicamente con scatti naturali vanno a comporre un gesto che viene più volte utilizzato durante lo scorrere della vita a 24 fotogrammi al secondo : le bambine e il cammello, la ricomparsa di Martin ( Luis Huilca Logroño ) - e il susseguente sogno comune/condiviso che danza il proprio gioco di ombre rupestri impresse sulle pareti e la volta della caverna platonica che per un momento da gabbia diviene tavolozza e tela, pagina/spartito e inchiostro, lanterna magica e rifugio -, e il finale ( "l'Eclisse", "Picnic at Hanging Rock", "Quando sei nato non puoi più nasconderti"...) ].
Culla, Giardino, Avamposto di Frontiera, Prigione, Sosta, Rampa di Lancio, Ponte.
“Fingendo di non conoscermi stava cercando di proteggermi. In quel momento ho intuito che tuo padre mi amava. L'ho capito dal modo in cui ha distolto lo sguardo.”
Daniel Woodrell - “Winter's Bone” - 2006
Con il belvedere a ribassata altana di guardia e posta ai cacciatori impestanti la zona trasformato in talamo famigliare, “senza neanche un portico a dare un contesto” (J.Lethem - Girl in LandScape), in attesa del nostos dell'eroina, si ''chiude'' il film ( da alba ad alba : dai bagliori dei fari delle auto dei bracconieri a tagliare il buio della notte che si spegne...al riverbero del radiante splendore di un suono in disaccordo tonale imparato a memoria da polmoni, lingua, denti e labbra e armonizzato dal tempo che passa, e passa, e cresce, e si accumula : ma quanto ce n'è? Non n'è sazio, l'universo? ), lasciando in equilibrio sospeso l'onirica fuga : il Paesaggio di un Passaggio : dall'infanzia - che portava su di sé l'imago dell'età adulta come un lavoro, un impiego, un compito - alla maturità di un'adolescenza che ''si intreccia i capelli con foglie d'ortica'', ma è proiettata al futuro. L'inferno comincia nel giardino dell'Eden ( in cui Gianni Boncompagni è solo un bruco cicciotto e peloso, non uno squamato e zannuto serpente ) : bisogna saper trasformare, accompagnare, assecondare la cacciata in una diserzione, un'esplorazione, una scoperta, una meraviglia, uno stupore.
[ Da gustare in parallelo con "In Grazia di Dio" di Edoardo Winspeare, dello stesso anno: le due opere formano un ''dittico trasversale''. ]
Angiolina ritaglia giornali, si veste da sposa, canta vittoria /
chiama i ricordi col loro nome, volta la carta e finisce in gloria.
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