Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film
Con l’ambito premio conseguito, tra la sorpresa generale (almeno italiana visto che il titolo era stato accolto tiepidamente), al Festival di Cannes del 2014, Alice Rohrwacher si fa conoscere nei quartieri alti della settima arte, ma pur confermando di possedere una precisa cifra stilistica e confezionando un titolo carico di fascino, mostra anche meno precisione e concretezza rispetto al suo esordio.
La vita di lavoro, e privazioni, in campagna coi genitori e le sorelline comincia a stare stretta a Gelsomina (Maria Alexandra Lungu) che sogna di partecipare ad un programma televisivo regonale di cui però suo padre (Sam Louwyck) non vuole nemmeno sentir parlare.
Nel frattempo arriva in casa Martin, un ragazzino problematico bisognoso di aiuto e per Gelsomina è un (primo) contatto con un altro mondo.
Come avvenuto col suo stimato esordio (“Corpo celeste”, 2011), Alice Rohrwacher mostra ancora una grande attenzione verso una giovane adolescente che comincia a prendere coscienza di se e di conseguenza posizione nei confronti del padre-signore che tutto governa nella quotidianità della sua famiglia.
Il tema portante è quindi riferito ai rapporti umani all’interno di un famiglia al femminile accompagnati dal contrasto tra una realtà arcaica, com’è la campagna più arretrata, legata a ciò che si tocca con mano e quella mediatica che si orienta sullo sguardo (in più pure kitsch).
Un racconto sensibile, sincero e coraggioso per forma ed impostazione, forse un po’ irrisolto nella sua frammentazione (a partire dalle tre lingue utilizzate), refrattario nel completare i focus su alcuni personaggi (madre) tutti particolari che finiscono col renderlo discontinuo.
Esteticamente invece appare discretamente curato, con immagini stupende (vedi il raggio di sole “raccolto” da una bimba), la capacità di presentare il paesaggio rurale e catturare gli sguardi scambiati tra padre e figlia.
Ed il finale è da interpretare, comunque un po’ tutto il film lancia segnali e metafore (come per esempio appunto il raggio di sole già citato), inflessibile Sam Louwyck nel ruolo del padre mentre Monica Bellucci dalle lunghe trecce bianche rischia di sforare la capacità di comprensione.
Insomma, le idee non mancano e con esse nemmeno le qualità, ma trovarne un equilibrio d’insieme è un altro discorso, per quanto non sia una regola scritta quella di combinare tutto filo per segno (altrettanto lo spettatore è libero di non apprezzare e vi è sempre il rischio di incomprensione).
Puro e rarefatto.
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