Regia di Alice Rohrwacher vedi scheda film
Si conferma Alice Rohrwacher, superando di gran passo il classico scoglio dell’opera seconda (tanto più roccioso quanto più con la prima era riuscita ad essere convincente), quanto meno nei panni di regista: come già in “Corpo Celeste”, le sua indiscutibile abilità e sensibilità nel girare (magari ancora un po’ troppo “scolastica” e ancora immatura dal punto di vista di un’affermazione personale senz’altro alla sua portata) le si ritrovano piacevolmente in questo Premio della Giuria all’ultimo Cannes 2014. Dove invece ancora non mi convince appieno è il ruolo di autrice: anche questa volta, le idee e le intenzioni costruite intorno ai corpi adolescenti delle sue deliziose protagoniste (meravigliose Gelsomina e Martina...) non colmano le lacune lasciate dalla sceneggiatura; prova ne sia, in questo film più che nel precedente, un finale strascicato che conta come minimo due o tre sequenze che servono solo ad appesantire un clima già grave per una lentezza che mette a dura prova lo spettatore non troppo incline ai film “di pensiero”.
Come aggravante niente affatto futile, il tentativo di innestare il mondo di lustrini e paillettes della tivù (aggravante invece imperdonabile l’aver chiamato a rappresentarlo un mostro, in senso proprio, della recitazione, una delle donne più inutili e dannose della storia del cinema come Monica Bellucci) in un contesto diametralmente opposto: l’effetto ottenuto è infatti piuttosto disturbante, tale da autorizzare a ricordarsi del film come di una storia spezzata in due, con un prima e con un dopo, laddove il “prima” era senza dubbio convincente (il gruppo familiare era ricco di spunti e di materia, tutto egregiamente sviluppato dalla regista/autrice, dall’insopportabile padre fino alle due gemelline, api e Alba Rohrwacher incluse, con l’innesto del “maschio” mancante), mentre il “dopo” lascia perplessi se non addirittura infastiditi.
Meritevole comunque di attenzione.
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