Regia di Steven Quale vedi scheda film
Steven Quale prova una strada diversa dal solito contaminando il catastrofico più classico con il mockumentary. Purtroppo per lui, ma anche per noi, sembra più che altro un modo per contenere i costi (50 milioni di dollari, oggigiorno non saranno pochi, ma per un film del genere sono un’inezia), piuttosto che frutto della volontà di proporre qualcosa che sia diverso dalla solita routine.
Il team guidato da Pete (Matt Walsh) cerca disperatamente un tornado da riprendere dal suo interno e, dopo tante segnalazioni andate a vuoto, Allison (Sarah Wayne Callies) ha l’intuizione vincente che li porta nella cittadina di Silverton.
Proprio qui, durante la consegna dei diplomi, si scatena l’inferno che coinvolge la popolazione locale e soprattutto la famiglia di Gary (Richard Armitage).
Quando il peggio sembra passato, si capisce che invece è solo l’inizio.
Che cosa è Into the storm? A parte un film di bassa qualità, sembra un Twister minore, con motivazioni più discutibili (salvo poi ritrarre la mano), più attento a far quadrare i conti (e almeno qui ci hanno visto lungo, considerando che il film ha incassato più del triplo del suo costo) piuttosto che curarsi delle ragioni operative e di quant’altro.
Caso vuole che il cacciatore di tornado sia anche un regista di documentari, da qui il point of view utilizzato altrove per un’infinità di mockumentary, cui si aggiunge quello offerto da un ragazzino che, partendo da interviste capsula del tempo (in pratica, chiede a tutti come si aspettano di essere in un futuro anteriore), continua imperterrito, e incentivato, a riprendere.
Aprioristicamente, il lavoro della troupe non crea simpatia, cercare guai non per salvare vite umane di questi tempi è un obiettivo inane, per quanto poi il tiro venga corretto (certo, il martirio cambia tutto).
Comunque sia, anche senza voler ciurlare nel manico, ci si mette poco per trovare rapporti personali stereotipati e anche passaggi insopportabili e di rara vuotezza, come un video promozionale del tank anti uragano.
Si raggiunge quindi un livello così basso che si finisce per tifare, qualcuno sullo schermo lo fa dichiaratamente, perché la calamità naturale si pronunci con tutta la sua forza, ripetuta e in crescendo arrivando al record nella storia dell’umanità (…), denotando una qualsivoglia mancanza di ogni forma di misura.
Si raggiungono livelli tali per cui la serie di tornado pare abbia un’anima maligna, in più sono immancabili gli idioti del villaggio che, visti nell’insieme, portano a ipotizzare una confusione generalizzata dello script.
Volendo, si potrebbe anche aggiungere che, nella superficialità generalizzata, a parte la presenza massiccia alla scuola, nella cittadina compaiono pochissime persone oltre ai protagonisti, tanto che pare disabitata, ma allo stesso tempo abbondano gli oggetti da far volare per aria, c’è addirittura un aeroporto con decine di velivoli di linea da devastare a piacimento.
Per il resto, il cast, dal basso di descrizioni caratteriali ferme a forme basiche, non può far nulla, nemmeno il volonteroso Richard Armitage (Lo Hobbit) mentre lo show distruttivo non si fa mai (troppo) desiderare nel suo fagocitare qualsiasi cosa, ma almeno una sequenza merita di esistere, con una visione dentro, e dall’alto, al cuneo del vortice.
È comunque veramente poca cosa di fronte al disarmo generale, esplicitato anche con fastidiosa sicurezza, per un film che nelle premesse si proponeva truce, vedi il nervoso incipit, ma poi ci ricorda solo che Silverton è un luogo pericoloso, adoperandosi con una coerenza disarmante, oltre che recidiva.
Pedante e di basso cabotaggio.
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