Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Uno dei grandi vecchi del cinema mondiale, torna alla pellicola musicale, dopo lo splendido "Bird" e con il sottovalutato "Honkytonk Man". Per non dire di "Piano Blues", per il progetto di Scorsese sulla musica del diavolo. Insomma, Clint è sempre stato un attento ascoltatore di buona musica. Qui racconta la parabola di Frankie Valli e dei suoi Four Seasons, uno dei grandi gruppi "doo wop" bianchi, immergendoci nel New Jersey italo americano, tutto cattivi ragazzi e mafia, dove o si delinqueva o ci si arruolava nell'esercito o, come successe a Francis Castelluccio, si cercava la gloria nella nascente industria musicale, nell'epoca d'oro dei 45 giri, del rock'n'roll e del grande sogno americano. Eastwood, a differenza di altre sue più rigide, classiche regie, qui imbeve tutto quanto nei colori pastello tipici di quei tempi, dà un buon ritmo al racconto, usa le canzoni, bellissime, quando si deve, senza esagerare, e la storia di Valli e dei suoi amici del New Jersey conquista anche grazie a qualche modernismo poco affine al cinema di Clint Eastwood, come i momenti in cui gli attori si rivolgono direttamente allo spettatore, manco fosse Woody Allen. Certo, Eastwood ha fatto di meglio, senza dubbio, ma il suo garbo e la sua intelligenza nell'affrontare gli scivolosissimi "bio pic" gli fanno superare la prova senza problemi di sorta. Si passano due ore piacevoli, si scoprono piccoli aneddoti, tipo la vicenda umana di Joe Pesci, si ascolta grande musica, (io adoro il "doo wop"), e lui realizza il suo personale "American Graffiti". Ritratto di un'epoca, di un sogno, da un regista che ha ancora molto da dire. Molto bello.
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