Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Un bel film di Clint Eastwood, che, ricostruendo da grande regista la vicenda dei Jersey Boys, ci fa trascorrere gradevolmente più di due ore fra le belle musiche e le raffinate immagini evocative di un pezzo della storia americana, che è anche un pezzo della nostra storia.
A Newark, nel New Jersey, non si erano sistemati solo gli emigrati ebrei dell’Europa orientale dei romanzi Di Philip Roth: lì erano approdati anche molti italiani delle regioni del sud, che avevano portato con sé le proprie tradizioni e abitudini.
Molti si erano messi a lavorare: non erano diventati ricchi, ma puntavano alla promozione sociale dei propri figli; altri, invece, si erano arricchiti in modi illeciti: erano mafiosi o malavitosi al loro servizio, o rivali nelle lotte per il controllo del territorio.
Il loro capo, temuto e riconosciuto, era Angelo Decarlo, detto Gyp (Christopher Walken); intorno a lui grandi e piccoli malfattori, che nelle strade del quartiere italo-americano crescevano incontrando e organizzando giochi e avventure con i figli di famiglie onestissime, legati dall’amicizia solidale, talvolta omertosa, che derivava dall’appartenenza allo stesso quartiere, e dalla condivisione di alcuni valori tradizionali, nonché dei rischi a cui si esponevano durante le poco commendevoli aggressioni o i furti (non sempre piccoli) di cui si rendevano protagonisti.
Il rischio per tutti era di finire in galera; qualcuno di loro, infatti, ci era finito; qualcun altro, invece, cercava di immaginare un futuro diverso: un’affermazione di sé, grazie alle proprie personali capacità avrebbe, in effetti, cambiato molte cose e garantito un futuro pulito e dignitoso.
Uno dei più giovani, figlio di piccolissimi borghesi, era Frankie Valli (John Lloyd Young), dotato di una voce bella e singolare, tanto da aver colpito e commosso persino Gyp, interpretando una canzone che gli aveva ricordato la madre. Da allora Frankie era diventato un protetto di Gyp, che aveva anche sborsato del denaro, investendo su quella voce.
Grazie a lui, Frankie era riuscito a mettere in piedi, con i suoi amici Tommy, Bob e Nick il complesso musicale che col nome di Four Season si sarebbe clamorosamente affermato: ben otto anni di repliche nel musical in scena a Broadway, nonché numerosissime tournée che hanno reso celebre il complesso nel mondo.
Clint Eastwod, notoriamente amante della musica e musicista a sua volta, attento a tutto ciò che ha concorso in modo determinante a formare la cultura americana, radicandone le tradizioni, si era interessato alla storia di quel gruppo, quasi emblematico ai suoi occhi della possibilità di realizzare l’American Dream con la forza della volontà e con molti personali sacrifici, raggiungendo traguardi apparentemente impossibili.
Grazie al racconto dello stesso Frankie (che è anche produttore esecutivo di questo film), che gli ha narrato le traversie, gli ostacoli e gli scontri interni al gruppo stesso, il regista ha diretto questa bella pellicola, film musicale che si chiude con la conclusione dello spettacolo di Broadway, ma anche ricostruzione di un pezzo di storia degli Stati Uniti, che hanno nel “melting pot” e nella cultura multietnica che ne è derivata le proprie irrinunciabili radici. Va da sé che la rievocazione degli anni ’50 risulti del tutto degna della grandezza del regista e della sua raffinata accuratezza, resa da una bellissima fotografia leggermente sbiadita, nell’insieme classica e perfetta, come tutti i lavori di Clint, che all’epoca del film aveva ottantaquattro anni portati molto bene
Fra i bravissimi attori interpreti del film, ricordo ancora che John Lloyd Young era stato Frankie, anche nello spettacolo di Broadway, che Erich Bergen era Bob, Michael Lomenda Nick, Vincent Piazza Tommy.
Il film gradevolissimo ci fa trascorrere più di due ore, senza mai annoiare.
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