Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film
“Durante tutta una vita un uomo ricorda due date fondamentali: quella in cui è nato, e quella in cui ne ha scoperto il perché”.
Questo il senso della citazione da Mark Twain, che non saprei nemmeno bene come agganciare al filo del discorso dell'ultima fatica cinematografica di Antoine Fugua. Forse ad indicare che dopo la nascita, vivendo, ognuno di noi arriva prima o poi a capire di che pasta è fatto; se è nero o bianco, nel senso di buono o cattivo, non inteso a livello epidermico/razziale. E forse anche per rendersi coerenti con l'hobby ostentato sino alla tediosità del nostro santo giustiziere, che sta ultimando la lettura dei “cento libri che ognuno dovrebbe aver letto nella vita” con quell'opera esemplare che è “Il vecchio e il mare”, circostanza che gli permette di fare breccia su quella cerbiattina indifesa della Cloe Grace Moretz e mettere in moto tutta la concitata improbabile vicenda.
Di fatto il film di Fuqua - che ritrova per l'occasione il Denzel Washington del suo miglior film (del regista intendo), quel Training Day forse anche sopravvalutato, ma dignitoso e pieno (quello per davvero) di sfaccettature e personaggi esemplari - è percorso solo ed unicamente da personaggi bidimensionali: o buoni o cattivi; o bianchi o neri senza possibilità di sfumatura alcuna, che tratteggi un po' di credibilità e faccia apparire una sorta di tridimensionalità o spessore ad almeno uno dei protagonisti di questo nuovo giustiziere americano senza macchia.
Imparando a conoscere il nostro protagonista Robert McCall, non ci vuole molto a farci intendere di non avere dinanzi un semplice commesso di un negozio fai-da-te, ma al contrario una persona fuori dal comune, che si nasconde da un passato che, per varie ragioni, ha dovuto abbandonare e tenersi lontano alle spalle.
L'incontro con una prostituta pressoché minorenne ogni sera nel solito bar dove il nostro uomo insonne è solito sorseggiare del te e la nostra sfortunata ragazzina viene a ripararsi dalle insidie di una strada gestita dalla mafia russa, che le lascia segni materiali cruenti sul corpo troppo precocemente sbocciato, riaccende nel primo un'antica e sopita necessità di regolare i conti e ristabilire la giustizia.
Una strage compiuta nel giro di una manciata di secondi ai danni di una delle gang più pericolose ed armate della città, ci dimostra senza mezzi termini chi abbiamo di fronte.
Poco dopo tutta una fitta schiera di personaggi di contorno, dal pingue insicuro collega del negozio che non ha la determinazione per dimagrire quel che basta per fare il suo piccolo grande salto di carriera, fino alla madre di quest'ultimo, risoluta messicana titolare di un bar taglieggiato dagli scagnozzi russi per mezzo di due poliziotti marci, alla vittima prostituta pure lei bella ed onesta, oltre che soggiogata e prigioniera come la giovane sua collega di cui sopra, fanno da contraltare ai cattivoni russi, pennellati scelleratamente come delle marionette malvagie al soldo del solito cattivissimo sopra le righe oltre ogni più spudorato macchiettismo; personaggio questo che un attore altrimenti interessante come Marton Csokas, ci viene a riproporre dopo tanti altri ruoli negativi dallo stesso resi in precedenza, ma con ben altro spessore.
Non basta qualche improbabile orrendo tatuaggio sul corpo (ma la ripresa avvolgente d Fuqua sul corpo del cattivo è tutt'altro che brutta) ed un costante ghigno malefico stampato sul viso affascinante dell'attore ungherese a costruire un personaggio negativo credibile o almeno plausibile.
Questo Equalizer insomma sembra un tardivo e logoro, per quanto lussuoso e ben girato, “giustiziere della notte” trasferito dall'era reaganiana a quella “obaniana” dello “yes we can”, massacrato senza pietà dalla banalità di una sceneggiatura superficiale e scontata che non costruisce personaggi almeno minimamente credibili, ma li affastella uno sull'altro come figurine scontate e senza spessore, utili sono a generare sentimenti ed emozioni facili, di pancia e non di petto, più indigeribili di popcorn che sanno sempre più di polistirolo e catrame.
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