Regia di Jonas Govaerts vedi scheda film
Paese interessante il Belgio, ha regalato al mondo i fumetti, le praline di cioccolato e le patatine fritte (erroneamente chiamate dagli inglesi French Fries, per un errore storico risalente alla Grande Guerra). Non solo, dal punto di vista cinematografico, pur essendo piccino picchiò, ci ha saputo dare negli anni, alcuni film tra i più interessanti e malati, che mi sia mai capitato di vedere. Se lo splendido Calvarie resta probabilmente ineguagliato, regalandoci uno spaccato di follia provinciale, malsano e sudaticcio, questo Cub (in originale Welp, cioè cucciolo, esattamente come il titolo internazionale) non è certo da meno, narrando una storia di vessazione, vendetta e morte, che ha una potenza visiva ipnotica. La peculiarità davvero ammirevole di questa preziosa pellicola, è quella di spiegare pochissimo e lasciar parlare le immagini e le sensazioni che suscitano. Quando il campeggio scout di un gruppo di lupetti (ecco che in un modo distorto e folle ritorna il titolo) viene funestato dal manifestarsi di una raccapricciante figura fanciullesca eppur letale, braccio armato di un adulto ancor più feroce e privo di pietà, ecco che la ferina natura dell’uomo, seppur bambino, la forza dirompente della sopravvivenza, ad ogni costo, viene fuori in tutta la sua anarchica potenza. Ecco quindi che tutti gli schemi sociali crollano e le elaborate architetture dell’empatia umana vengono meno, lasciando l’essere umano spoglio e alla mercé della sua vera natura. L’uomo, seppur in miniatura, come belva feroce e pericolosa, affamata macchina di morte e sangue, determinata a trovare il proprio posto, doloroso e sofferto, all’interno del branco.
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