Regia di Tod Williams vedi scheda film
Si ha voglia a dire che i nomi apposti sulla locandina di un film non siano tutto e che per apprezzare i risultati di una determinata opera risulti indispensabile l'esperienza della visione filmica. Ciononostante, capita di frequente che a spingerci in sala non sia tanto la bontà del progetto quanto la qualità dei nomi che quello porta con sé. Se prendiamo un titolo come “Cell”, il nuovo film di Tod Williams in uscita nei cinema italiani, è fuor di dubbio che in fase di approccio a fare la differenza rispetto al resto dell'offerta non sia la trama, ricavata mettendo insieme in una sorta di medley narrativo e anche visuale le diverse evoluzioni dello zombie movie così come abbiamo imparato a conoscerlo all’indomani dell’11 settembre, e quindi comprensivo delle varianti che hanno di molto migliorato le capacità cognitive e di locomozione dei famigerati non morti. Perché, ove si escludano i minuti iniziali in cui apprendiamo che la pandemia ha origine dalle trasmissione delle onde magnetiche prodotte dai moderni cellulari ciò che segue, e cioè il tentativo di sopravvivere alla catastrofe da parte di un gruppo di coraggiosi capeggiato dall’artista Clyde Riddel e dal macchinista di treni Tom Court così come l’on the road scaturito dalla necessità di spostarsi attraverso il paese per unirsi a ciò che resta del consesso umano, altro non è che il remake di episodi oltremodo frequentati dalla settima arte e pure dalla televisione (Walking dead).
Diversamente, la presenza di due attori come John Cusack (Riddel) e Samuel Lee Jackson (Court) dopo “1408”, ancora una volta insieme sullo schermo e poi quella del grande Stephen King chiamato a sceneggiare l’omonimo libro da lui scritto nel 2006, costituisce un valore a cui difficilmente l’appassionato riesce a resistere. Una fiducia ripagata però solo in parte perché se la coppia protagonista si dimostra all’altezza del compito – specialmente Jackson capace di dare carisma a un personaggio che non c’è - non altrettanto si può dire per la costruzione della dimensione favolistica della storia, la quale per ravvivare un percorso parecchio scontato inserisce senza svilupparle reminescenze varie, prelevate dai romanzi dello stesso King (come quella della scrittura capace di materializzare i suoi fantasmi) oppure riferite a mo' di metafora a uno stile di vita – dominato dal mezzo tecnologico - che rende disumani, per arrivare a parlare delle conseguenze di un proselitismo religioso capace di annichilire la volontà degli uomini in una maniera – quella mostrata nella sequenza finale del grande raduno – che sembra alludere a liturgie e riti di cultura islamica. Relegando le sorprese a qualche morte inaspettata “Cell” arriva alla conclusione in maniera meccanica eliminando quell'anarchia che invece ci si aspetterebbe da un produzione indipendente come quella diretto con scolastica diligenza dal nostro regista.
icinemaniaci.blogspot.it
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