Regia di Dan Gilroy vedi scheda film
Debutto alla regia dello sceneggiatore Dan Gilroy Nightcrawler è un'opera intrigante, emblematica e sinistra, un lavoro esemplare sulla manipolazione mediatica dell'informazione ma anche un'amara metafora sul mercenarismo conseguenziale all'imperante disoccupazione, pur se in tono minore, ma che non riesce a raggiungere completamente gli obiettivi.
Per il suo film di debutto Dan Gilroy disegna una Los Angeles notturna plumbea e iperrealista, disillusa, illuminata dai neon e animata quasi esclusivamente da disadattati, criminali o poliziotti, scenario ideale per le azioni del suo enigmatico protagonista, Lou Bloom, giovane alienato e insonne alla ricerca dell'occasione della vita.
A interpretarlo uno splendido e inquetante Jack Gyllenhaal, faccia scavata e origine proletaria, imprenditore di se stesso invasato del sogno americano ma privo di un'educazione vera e propria. E senza una vera figura di riferimento da prendere a modello se non modi e situazioni o idee rubate direttamente dal vuoto di internet.
Una figura enigmatica, come detto,e che resta però chiusa nel suo mistero (non ci viene rivelato niente del suo passato) e che potrebbe apparire anche come un personaggio positivo in quanto è uno che si applica, studia e lavora senza sosta e che è disposto a far tesoro di ogni consiglio e di ogni insegnamento pur di raggiungere il traguardo, se non fosse per la sua totale mancanza di scrupoli, di una maniacale determinazione al successo ma sotto una facciata di falso perbenismo, come ci viene mostrato fin dall'inizio.
E forse è proprio in questo il limite del film.
Questo perchè il film di Dan Gilroy in realta è una fin troppo classica critica al cinismo dei media e alla assuefazione della società moderna alla violenza con situazioni e momenti che ricalcano cose già viste e riviste , pur se ben confezionate, ma con l'inedito e unico vantaggio di avere un protagonista intrigante e con una complessità di intenti e di stimoli inusuale, sia per scrittura che per interpretazione.
E' proprio questa la grande differenza rispetto ad altri progetti simili e che, secondo me, ne elevano il valora ma penso anche che ne sia al contempo un suo limite.
Principalmente il film mostra due personaggi, Lou Bloom, il protagonista e Tina, la direttrice dei servizi di un Network locale interpretata dalla brava Renè Russo, che per interessi di carriera diventa complice dello psicopatico Bloom.
Tali personaggi vengono quindi immediatamente presentati come personaggi negativi, ambigui o psicotici, e, indirettamente, propone che tali vicende e situazioni siano possibili o riconducibili esclusivamente a una certa tipologia di persone soggette, per l'appunto, a particolari deviazioni ma di cui la maggior parte delle gente, tra cui anche il pubblico in sala, sono del tutto estranee o comunque lontane con il risultato, da una parte, di indebolire il messaggio stesso del film e, dall'altra, di impedire o complicare l'immedesimazione del pubblico con i suoi protagonisti.
Proprio perchè la vicenda non viene percepita dal pubblico come un qualcosa che abbia comunque attinenza al proprio vivere comune o che coinvolga direttamente persone “normali” con cui abitualmente conviviamo quando invece il tema su questo punto avrebbe dovuto essere molto più ambiguo e insinuante di quanto invece il film volutamente o meno faccia intendere.
N.P. Sempre un piacere, infine, rivedere al lavoro il compianto Billy Paxton, qui nella parte del rivale in affari di Lou.
VOTO: 7,5
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