Regia di Dan Gilroy vedi scheda film
Un ottimo esordio per Dan Gilroy, che approda per la prima volta alla regia a 54 anni. Il film tratta un tema molto interessante e attuale ed è impreziosito ulteriormente da uno strepitoso e allucinato Jake Gyllenhaal, alla ricerca di realizzazione su Google e tra le strade di Los Angeles.
Lou è uno scapestrato che vive alla giornata, alla perenne ricerca di un lavoro e nel mentre cerca di rivendere metallo rubato. Ma un giorno tornando a casa dopo un'infruttuosa trattativa, si imbatte in un incidente stradale e vedendo degli uomini accorrere per riprendere l'accaduto e vendere il girato ai telegiornali, scopre che il sangue può portare denaro. Così decide di armarsi di telecamera e aiutante-navigatore, per mettersi a seguire come un segugio quella scia rossa, disposto a tutto per mostrarci la realtà, anche a costo di modificare la realtà; d'altronde “se vuoi vincere la lotteria, devi guadagnarti i soldi per comprare il biglietto”.
La pellicola, che rappresenta l'eserdio ala regia di Dan Gilroy, si regge in gran parte sull'interpretazione allucinante e allucinata di uno strepitoso Jake Gyllenhaal, dall'occhio perennemente sgranato e dal capello leccato.
Gyllenhaal, dimagrito di 10kg, veste infatti i panni di un ragazzo scaltro e senza scrupoli, che studia in continuazione nuovi metodi per realizzarsi, soprattutto con l'ausilio dell'onnipotente e onnisciente internet; forse senza sapere però che la morale non si trova con una ricerca su google. Così grazie a questa sua caparbietà, da squattrinato cameraman che era diventa, anche grazie alla spinta del suo alter ego femminile Nina, uno dei più importanti giornalisti freelance di Los Angeles. A tal proposito un'altra protagonista è proprio la cupa e losca città degli angeli, esaltata da una fotografia dai colori saturi; da questo punto di vista è proprio l'oscurità a dominare; quella della notte californiana e quella degli studi di montaggio.
Lou diventa così un vero e proprio “regista del macabro”, con tanto di messa in scena e di ricerca della migliore inquadratura.
La seconda parte tende più verso il thriller classico, ma non smette di indagare il delirio di onnipotenza di Lou e la sua immoralità tesa al massimo, fino a diventare quasi insostenibile per un qualsiasi spettatore dotato di coscienza, per poi raggiungere il suo apice con lo shockante finale.
Certo un finale forse pessimista, che però ha sicuramente il pregio di non raccontare balle, ci sbatte la realtà in faccia: spesso ci illudiamo che alla fine il bene trionferà, che i furbi rimarranno vittime della loro mancanza di scrupoli; ma la verità è che quasi sempre in questo mondo i furbi finiscono per cavarsela.
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