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Lo sciacallo

Regia di Dan Gilroy vedi scheda film

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La recensione su Lo sciacallo

di FilmTv Rivista
8 stelle

A bordo della sua auto, Lou Bloom vaga per le strade deserte di una Los Angeles in cui non è mai giorno. Le sue interazioni verbali non superano i 140 caratteri di un tweet e hanno la consistenza di uno status di facebook («il motivo per cui persegui un obiettivo è importante quanto l’obiettivo», «un amico è un dono che fai a te stesso»). Il suo impianto emotivo è isolato e spento, incapace di autoalimentarsi e bisognoso di tecnologie vicarie in grado di catturare corpi senza vita. Con in mano una videocamera e uno scanner radio, l’automa Lou Bloom sviluppa una morbosa, malata, primigenia eppur modernissima attrazione per incidenti d’auto, omicidi e scene del crimine da vendere a network televisivi interessati a materiale buono per aprire le edizioni mattutine dei tg. Gelido hacker di vite e tragedie, ma anche vampiro di realtà i cui denti aguzzi sporgono da una macchina da presa, è inerte come i cadaveri che filma, come le arterie delle spoglie scenografie urbane in cui si muove, come le lamiere devastate dagli incidenti. Gilroy, attraverso l’assenza di materia viva, mette in scena un trionfo della contemporaneità mediale che nemmeno McLuhan avrebbe potuto immaginare: il medium non è più soltanto il messaggio, ma anche messaggero, destinatario e contenuto. Dialogando con estetica e contenuti debitori di Michael Mann (le luci della “notte fatta di notti” di Collateral) e David Cronenberg (l’eredità di Crash è autoevidente), impagina un’opera che sa quando accelerare e quando riflettere sul dispositivo, con (mega)schermi (di studi) televisivi, videocamere, navigatori satellitari, computer e scanner radio che, inquadrati in primo piano, indicano al protagonista le sue prossime mosse, per poi raccoglierne i risultati e rimetterli a disposizione. Bloom è mero strumento per assecondare le richieste del medium e del network che ne paga i servizi, piegando il reale alle esigenze estetico/economiche di un universo non più separabile dalle immagini che produce e consuma voracemente. Bloom modifica le scene del crimine creando nuovi set e trasformandole nelle sue scene: diventa regista su commissione e poi produttore, grazie a un gusto per la negoziazione perfettamente in linea con questo neocapitalismo mediale. «Pensa al nostro tg come a una donna che urla per strada con la gola squarciata»: un altro “pensiero-tweet”, pronunciato dalla direttrice del tg Nina, palesa la filosofia dell’emittente, sovrapponendo definitivamente il pixel al sangue, l’erezione all’accensione di uno schermo, la teoria dell’agenda setting a quella delle interazioni con soggetti attivi altri da sé. Sotto il derma di una storia individuale problematica e di un noir al tempo dei videoclip, Lo sciacallo è un trattato vastissimo e abissale su un mondo che ha ormai smarrito l’essere umano.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 45 del 2014

Autore: Claudio Bartolini

 

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