Regia di John Erick Dowdle vedi scheda film
Un ingegnere quarantenne (Wilson) sta volando oltreoceano dal Texas ad un paese in via di sviluppo del Sud Est Asiatico, assieme alla moglie e alle due figlie bambine: tutt'altro che un viaggio di piacere; piuttosto una svolta epocale, che dovrebbe consentirgli di mettere in pratica un proprio progetto e brevetto inerente la potabilità dell'acqua, consentendogli di farsi un nome e di guadagnare un bel gruzzolo, oltre che la meritata stima professionale, tutto a vantaggio suo e della sua bella ed armoniosa famiglia; la quale, per seguirlo, è inevitabilmente sottoposta ad un cambiamento radicale delle rispettive quotidianità ed abitudini, ovvero quasi un trauma.
Peccato che un efficace incipit pre titoli di testa, ci abbia già descritto lucidamente come, solo poche ore dopo, un violento e repentino colpo di stato sarà in grado di porre fine ad ogni progetto, gettando scompiglio ed orrori nell'inero paese, a causa di una violenta sommossa popolare che trova come epicentro, ove sfogare tutti i rancori per troppo tempo mal sopiti, proprio sugli occidentali presenti in quel paese.
Barricati nell'hotel, i nostri quattro protagonisti ne passeranno davvero di tutti i colori, in un crescendo di tensione ed orrori in grado di tener desta l'attenzione dello spettatore, e grazie alla costruzione, a livello di sceneggiatura, di un meccanismo ad orologeria che funziona spedito e puntuale, dosando il thrilling, la suspence, con l'orrore, senza dimenticarsi della causa civile-popolare, ma anzi prodigandosi a spiegarne le cause. Che risalgono, in primis, all'eccessiva, invadente, solita ingerenza della civiltà occidentale, che, con i suoi interessi tentacolari e le sue brame di crescita economica esponenziale, si nutre di guadagni spropositati ai danni delle popolazioni locali, beffate e ingannate in nome di un facile e iniquo profitto.
Peccato che, dopo oltre quaranta minuti di concitato avvicendamento di situazioni, spesso anche al limite del realistico, ma che possiamo di buon grado accettare nel contesto di un film che nasce come puro intrattenimento, il racconto, scritto a due mani dai fratelli Dowdle, di cui uno figura pure come regista, perda le staffe ed il controllo, esaurendo quasi completamente la sua credibilità in soluzioni paradossali, poco verosimili, quasi assurde che, mischiate a troppo perbenismo dolciastro, ad eccessivi melensi scimmiottamenti di bambini piangenti e coinvolti in situazioni imbarazzanti, compromettano seriamente il risultato finale, svilendolo e svendendo una buona e tesa prima parte, in un affastellamento di avvenimenti tra il macabro e il consolatorio che assomigliano ad un ricatto o ad una presa in giro per lo spettatore, soprattutto nei confronti di colui che aveva iniziato a credere in una certa validità del prodotto o della scrittura sottostante.
Pure Owen Wilson risulta in parte, e credibile, almeno nella prima parte, e Lake Bell non gli è da meno nel ruolo della moglie, insicura e tesa, già in difficoltà quando tutto il probelma sembrava risolversi in una difficile propensione all'adattamento ai ritmi ed agli stili della nuova ed estranea società.
Pierce Brosnan, invecchiato con fascino, appare molto più a suo agio quando prende in mano la situazione e torna ad impersonare un parente stretto di James Bond: nei panni dell'affarista bonario e greve, losco ma di buon cuore, appare invece decisamente fuori parte, quasi imbarazzato, un riempitivo che non convince.
Si esce dalla sala con l'amaro in bocca, quello che risalta da una buona opportunità sprecata a metà film, cedendo a soluzioni facili ed acchiappa pubblico, laddove un pò più di coraggio, lucidità e controllo avrebbe assicurato dignità e scioltezza ad un film in grado di compendiare impegno a puro intrattenimento, pur giocando certamente, ed in modo furbo e calcolato, sulle paure, sui timori che oggi giorno affliggono noi Occidentali quando ci troviamo distanti dai nostri ritmi, vizi e dalle nostre abitudini.
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