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Whiplash

Regia di Damien Chazelle vedi scheda film

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La recensione su Whiplash

di barabbovich
3 stelle

Esiste un unico modo per spiegare perché un film ignobile come Whiplash, storiellina corriva del difficile rapporto tra un insegnante e un allievo, sia stato candidato agli Oscar ed è che il film risponde pienamente a quella favoletta da venditori di tappeti di qualche televisione locale del martedì notte per cui il sogno americano ha qualcosa a che vedere con la fatica, il sudore e persino il sangue.
Ci sarebbe da invocare l'apologia di reato tanto Whiplash innalza al rango di valore sommo il successo a tutti i costi, in barba a qualsiasi etica: quella smania di successo da cui viene punto Andrew (Teller), che vive da solo con il padre (mammina ha abbandonato il tetto coniugale). il ragazzino diciannovenne è iscritto al Conservatorio di Manhattan, dove suona la batteria sotto la guida di un maestro draconiano. L'uomo, molti più muscoli che cervello (lo interpreta con sconfinata albagia un J.K. Simmons perennemente sopra le righe e niente affatto credibile ma premiato con il Golden Globe), vede nel ragazzo il potenziale "più grande batterista del mondo" e lo alleva a urla e ceffoni, portando al parossismo la lezione che Buddy Rich impartì a un giovanissimo Charlie Parker. Il malcapitato Andrew, pur di coronare le sue ambizioni, manda a monte la storia d'amore con la fidanzatina e si comporta come un irresponsabile, presentandosi sul palco di una importante kermesse musicale dopo un incidente d'auto in occasione del quale ha abbandonato il veicolo cappottato in mezzo alla strada. Lacrime e sangue basteranno per fare di lui il talento che ci si aspetta?
Di Whiplash, a parte la notevolissima fotografia di Sharone Meir e le musiche di Justin Hurwitz, irrita tutto: l'inverosimiglianza, l'essere un film apolide che tenta di mescidare Full Metal Jacket (c'è persino l'esplicito richiamo a "palla di lardo") e Quattro minuti, il tono urlato e concitato, il didascalismo che esplicita continuamente la metafora del sangue. Irrita persino l'involontaria, ma imperdonabile coincidenza, per cui il cognome dell'indemoniato coprotagonista è lo stesso dell'attrice che interpretò la sadica caposala di Qualcuno volò sul nido del cuculo: Fletcher.

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