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Whiplash

Regia di Damien Chazelle vedi scheda film

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La recensione su Whiplash

di amandagriss
9 stelle

 

Una volta Eric Clapton dichiarò di voler diventare vecchio in fretta per cantare alla maniera dei grandi bluesman che adorava, e Bryan Adams, ancora un ragazzino, suonava la chitarra fino a farsi sanguinare le dita, e poi Dave Grohl, all’epoca batterista dei Nirvana, picchiava con tale potenza lo strumento da ridurre in polvere e trucioli le numerose bacchette che ad ogni concerto utilizzava.

 

Questo per dire quanta passione, fatica, energia, inesauribile entusiasmo possano invadere una persona innamorata della musica, da arrivare a sceglierla come eterna fedele compagna di vita, prima di ogni cosa e poi insieme ad ogni altra cosa nella propria esistenza.

 

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Non siamo di fronte a una biografia ma la storia narrata può considerarsi ugualmente vera.

Che si ripete molto più di quanto normalmente si possa pensare.

E non solo nelle scuole prestigiose, di fama internazionale, ma anche in contesti circoscritti, nell’elitario giro di artisti (o artistoidi) di una città, di un quartiere o piccola comunità per esempio.

Artisti che si ritrovano a tramandare/mettere a disposizione delle nuove generazioni il loro ‘infinito prezioso sapere’.

Ed in nome dell’Arte -quella maiuscola pura e perfetta che non contempla mediocrità, sciattezza, approssimazione, cialtroneria- finiscono col commettere le più grosse (e il più delle volte impunite) nefandezze.

Il mondo dell’arte (ma non solo) è popolato di cattivi maestri, magari assolutamente validi nel loro settore ma pur sempre cattivi, spesso celati dietro appellativi (per indulgenza?) quali bizzarri, fuori dagli schemi, eccentrici, politicamente scorretti.

Sono rari gli insegnanti che spesso il cinema ama raccontare (ed incensare), forse non sono mai davvero esistiti, è assai più probabile che sia la magia del cinematografo a fornire di loro un ritratto edificante.

Oppure, semplicemente, s’incontrano molto più spesso o si è solamente/solitamente sfortunati ad incontrare maestri agli antipodi di un affabile amabilissimo Keating impegnato a far cogliere l'attimo o di una pre-femminista col sorriso di Mona Lisa stampato sulla faccia.

 

Si può scommettere, sapendo di avere già la vittoria in tasca, che qualunque percorso artistico si voglia intraprendere, ci si imbatterà sempre e comunque (o 9 volte su 10?) nella ‘variabile impazzita’ perennemente al lavoro, ad accumulare vittime sul campo da fare invidia alla triste mietitrice.

Nel caso di Whiplash (celebre brano jazz ma anche colpo di frusta, come i colpi dati alla batteria) il cattivo maestro è un maniaco assoluto della perfezione, almeno così sembrerebbe, una sorta di sergente istruttore Hartman (fullmetaljacketiano) delle 7 note.

 

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----Ma il jazz, proprio perché nasceva nei bordelli, non dovrebbe prediligere un’esecuzione tirata via, buttata lì piuttosto che il compitino perfetto di uno scolaro modello?----

 

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Un sadico guastatore e demolitore dell’autostima di quei giovani che partendo dalla passione per la musica (jazz) intendono coltivarla e portarla avanti negli anni, consapevoli e affatto intimiditi di sfidare la fatica (mentale e fisica) quotidiana, di sottoporsi con piacere ad ore ed ore di studio matto e disperatissimo che comporta lacrime sudore e sangue, a fornire loro i solidi elementi base con cui poter successivamente “volare” (padroni del proprio strumento) liberi e sfrenati, dando sfogo finalmente a tutto il talento e la creatività covati a lungo e frustrati da una resa mai davvero appagante.

Con la speranza che la passione diventi un giorno vera e propria professione, al pari di uno sportivo o un ingegnere della Nasa (figure che la società tende a quotare e rispettare maggiormente, a partire da parenti amici e conoscenti).

E, intanto, cullano il sogno di poter arrivare ad essere riconosciuti come eccellenze del proprio tempo, dei miti insomma, che tutti un giorno continueranno a ricordare, ammirare e soprattutto suonare.

E grazie ai quali chi verrà dopo intraprenderà il loro medesimo (glorioso) cammino.

 

Ma in nome del Bene, del rispetto e della fedeltà all’Arte, affinché non si alimentino false illusioni e non si creino finti geni da lusingare, appartenenti al folto e sempre più popoloso macrocosmo di mostri omologati senza qualità (come avviene coi talent show, volendo criticare ‘morbidezza e permissività’ dei sedicenti professori-tv e trovare un aggancio con la nostra contemporaneità), fino a che punto è giusto sminuire un allievo insultandolo ed umiliandolo sistematicamente, davanti ad un’intera classe, col fine ultimo di mettere alla prova il suo potenziale, perché dimostri a se stesso e agli altri -e al suo maestro- quanto veramente valga e quanto è disposto a sacrificare per fare il salto di qualità e passare da dilettante a professionista del settore? Per essere chiamato artista?

 

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Creare il perfetto soldato, quello irriducibile e fedele alla causa, il cui fucile non spara per uccidere ma per emettere, invece, note musicali da inebriare chi ascolta.

È questo l’intento del nostro nazista del pentagramma. O, forse, soltanto consapevolizzare chi è già un artista dentro e limitarsi a portare alla luce le sue doti eccellenti, così da poter essere riconosciuto e apprezzato all’unanimità.

Certo, le continue, e solo quelle, pacche sulla spalla non sono mai servite a molto, mai a far crescere qualcuno; il continuo compiacere e assecondare chi si è chiamati a educare (figli o studenti che siano) crea dei mollaccioni, degli individui piatti e anonimi, incapaci di osare, di distinguersi ed elevarsi dalla massa informe.

E l’Arte e la sua perenne ricerca del bello inaridiscono e muoiono.

 

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È giusto e accettabile mettere nelle condizioni di gettare la spugna il più motivato e appassionato e promettente degli studenti, di indurlo a imballare il suo sogno e chiuderlo in soffitta perché il proprio metodo d’insegnamento non conosce limite né decenza e nemmeno un filo di lealtà? Perché è incontenibile il desiderio di scoprire un nuovo Charlie Parker?

È giusto e accettabile spezzare una vita e/o sapersi il principale se non l’unico responsabile di aver annichilito l’ennesimo ragazzo per farlo diventare un adulto grigio e depresso, il fantasma di colui che una volta inseguiva il suo sogno libero e felice, lontano dal dolore e dagli inutili affanni di un inferno in terra dominato dall’ansia di competitività e rivalità disumane, di comportamenti al limite della follia e a rischio della vita, fino a suscitare un senso di ripugnanza e di rigetto per ciò che più si ama?

 

Eppure, alla fine le gravi scorrettezze, i colpi bassi, l’agire spregevole e diabolico risultano (davvero?) l’efficace e unico mezzo per spingere il proprio studente a sputare l’anima sul palco, a vomitare tutta la rabbia accumulata per veicolarla nella musica che sta suonando/improvvisando.

Ma forse, il destino ci ha messo lo zampino… (perché uno su mille ce la fa).

 

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Travolgente e sferzante ode alla Passione.

Racconto di formazione vigoroso, crudele e commovente.

Una parola. Splendido.

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