Regia di Bruno Mattei vedi scheda film
Approssimazione di scrittura, regia e interpretazioni per il secondo film diretto dalla coppia Mattei/Fragasso con protagonista Emanuelle nera (Laura Gemser). Nel rispetto del sottotitolo (i violenti) il versante erotico cede il passo alla cieca brutalità. Sgraziato e mal girato, eppure "estremamente" spassoso.
La giornalista Emanuelle (Laura Gemser) scopre che un importante procuratore (Jacques Stany) è coinvolto in attività illecite. Per bloccare l'indagine l'uomo riesce a farla rinchiudere in un carcere con l'accusa di spaccio, incastrandola con droga appositamente posizionata. Qui la ragazza subisce i maltrattamenti della spietata direttrice (Lorraine De Selle), della compiacente secondina (Franca Stoppi) e della ruffiana detenuta Albina (Ursula Flores) finché nel carcere, costretti a sosta intermedia, vengono ospitati quattro pericolosi assassini, capeggiati da "Crazy Boy" (Gabriele Tinti). Ferito lo sceriffo (Carlo De Mejo) i criminali chiedono un riscatto e una via di fuga allo stesso procuratore, mentre si impossessano del carcere facendo violenza a loro volta alle guardie e alle detenute.
"Queste due stavano facendo delle porcate. Sono delle cagne in calore, bisognerebbe raffreddarle!" (Albina denuncia alla direttrice il rapporto lesbo tra Laura e Irene)
Secondo film girato dalla coppia Mattei/Fragasso sugli stessi set -e con lo stesso cast del primo (Violenza in un carcere femminile)- e ottavo (nonché conclusivo) capitolo dedicato ad Emanuelle Nera, serie avviata da Adalberto Albertini, poi condotta ai vertici da Joe D'Amato. Qui l'approssimazione tipica dei due artefici "autori" ha modo di essere particolarmente notata. Si comincia con una sceneggiatura elementare, che cavalca il discutibile genere Women in prison, sorta di evoluzione misogina del già antifemmista Nazi-erotico, scritta con dialoghi davvero penosi. Così ad esempio si pronuncia Emanuelle, durante una riunione sovversiva con le altre carcerate: "Nessuna di noi qui è vergine nel corpo, ma nessuna è disposta a farsi sverginare anche l'anima."
Bruno Mattei e Claudio Fragasso abbandonano fin da subito l'erotismo prediligendo -alle esposizione delle graziose forme di Maria Romano (Laura) e di Antonella Giacomini (Irene)- un clima malsano di violenza e sopraffazione che si manifesta in un paio di scene waterbondage: con immersione di viso nell'acqua delle due lesbiche, colte in flagrante; e con le sadiche aguzzine (Françoise Perrot e la Stoppi) che con i manganelli invitano la stessa Emanuelle a "lavarsi la faccia".
Premesso quindi che lo squallore sta alla base di questo allucinato segmento di una serie (apocrifa sulla spigliata giornalista di colore) diretta con ben altro stile da Massaccesi, va però spezzata anche una lancia a favore di un prodotto talmente eccessivo ed estremo da risultare comunque -in certi momenti- più che godibile. Merito del professionale mestiere del tecnico della fotografia (Luigi Ciccarese) e della martellante (quasi ipnotica) colonna sonora di Ceccarelli.
Grazie a recitazioni retoriche, e altamente sclerotiche, il film raggiunge toni kitsch di raro livello. In merito si fanno notare gli esilaranti grugni della Flores e, soprattutto, le facce demenziali di Pierangelo Pozzato (l'ariano Helmut, soprannominato Blade) che sgodeccia senza senso tra le braccia delle allupate detenute, mostrando contrazioni facciali spastiche che non possono non ricordare quelle altrettanto nevrotiche di Franco Garofalo (alias Frank Garfield) in Virus - L'inferno dei morti viventi, altro gioiello trash non a caso diretto da Bruno Mattei. Al netto di una incredibile citazione splatter da Il cacciatore (la roulette russa con esplosione di brandelli di carne che vanno dal volto di Albina a quello di Crazy boy) e di una dolorosa violenza vaginale (in omaggio al titolo con lametta) perpetrata dalla formosa (e con capezzoli di dimensione, forma e colore pressoché perfetti) Laura ai danni di -nomen omen- Blade (il già citato Pozzato), questo Blade violent rimane da esempio come folle lavoro destinato, grazie alla sfacciata esuberanza e alla incosciente immoralità, a raggiungere livelli (s)cult. Un film che sarebbe oggi inconcepibile non solo nella forma quanto nella sostanza, frutto di una dimenticata libertà creativa e della ingenua certezza di colpire basso. E nonostante tutto a Mattei va riconosciuto che talvolta (anche se per poco) la sua regia ha saputo volare alto, come dimostrano brevi squarci di geniale rappresentazione (si pensi alla soggettiva dietro maschera di protezione delle forze speciali o ai raffinati piano sequenza finali, con le forze dell'ordine asseragliate fuori dal cercere). Un film brutto, dunque, amorale e diseducativo: quindi divertentissimo!
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta