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Is the Man Who Is Tall Happy?: Una conversazione animata con Noam Chomsky

Regia di Michel Gondry vedi scheda film

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La recensione su Is the Man Who Is Tall Happy?: Una conversazione animata con Noam Chomsky

di barabbovich
10 stelle

Capita rarissimamente di uscire da una sala cinematografica con la netta sensazione di avere assistito a un'opera epocale. Mi capitò ben 3 volte con Kubrick (2001 odissea nello spazio, Arancia meccanica e Full metal jacket), poi con Forrest Gump e, più recentemente, con Inception. Nel campo del documentario i lavori seminali sono stati quelli di Robert Flaherty e poi di Michael Moore, che ne riscrisse le regole, senza dimenticare l'innovatività di Koyaanisqatsi.
Con l'intervista animata di Michel Gondry a Noam Chomsky si aggiunge un anuova perla. Dall'incontro tra i due geni scaturisce una conversazione fittissima e di altissimo livello, che spazia tra epistemologia, linguistica, politica (saggista a tutto campo, Chomsky è noto anche per il suo costante impegno politico) e anche qualche deviazione sul privato (colpisce la tenerezza delle parole rivolte al ricordo della moglie, recentemente scomparsa, con cui era sposato da quando aveva 20 anni). Mai prima d'ora Gondry, che fin dagli esordi (Human nature, Se mi lasci ti cancello) aveva manifestato un talento fuori dal comune, era riuscito a canalizzare la sua stupefacente fantasia in maniera così efficace (Mood indigo è stata forse la più clamorosa delle occasioni perse). Se da un lato le riflessioni del padre della linguistica generativa spaziano su concetti come quello di continuità psichica e sul tema dell'evoluzione delle scienze neurocognitive, al regista francese va il merito di avere tradotto le parole di così alto profilo concettuale dell'ottantaquattrenne intellettuale americano in animazioni di sbalorditiva creatività, relegando le riprese in 16 mm della conversazione tra i due a un ruolo del tutto marginale.
Tra intermezzi ironici ma soprattutto autoironici (Gondry scherza sulla sua conoscenza dell'inglese), assistiamo a una sventagliata di intelligenza, con riferimenti che spaziano da Galileo, Hume e Newton fino a Feynman e Quine. Dalle moltissime cose che si possono imparare (incredibile l'aneddoto sull'importanza della comunicazione linguistica nel determinare l'insuccesso dell'introduzione delle più moderne tecniche di coltivazione in Liberia, ridicolizzate dalla trasmissione del sapere per via matrilineare), emerge soprattutto il ritardo che le neuroscienze fanno registrare rispetto agli studi sull'apprendimento del linguaggio, ritardo che il geniale linguista ebreo assimila a quello della scienza pregalileiana.
Se non si conosce l'inglese alla perfezione, il film (in versione sottotitolata) va visto almeno due volte: la prima per godere di quel concentrato pazzesco di intelligenza e ironia contenuti nella conversazione (tra le altre cose, Chomsky ricorda quando, non sapendo nulla della sindrome di Asperger, si rivolse a una sua amica psichiatra, la quale gli rispose: "Fatti un giro al MIT: lì ce l'ha una persona su due"); la seconda per concentrarsi sulle animazioni, giocosi graffi su pellicola di incontenibile fantasia.
E scusate per tutti questi superlativi.

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