Regia di Augusto Zucchi vedi scheda film
Il grande imitatore napoletano Alighiero Noschese aveva solo 47 anni quando si suicidò, in circostanze poco chiare, nella clinica dov’era ricoverato per una grave depressione. Presenza fissa, allegra, rassicurante e garbata nella tv bella degli anni 60 e in quella colorata degli anni 70, quest’uomo colto e pieno di contraddizioni, comunista prima e massone poi, doveva vivere in una perenne confusione tra l’uomo e le maschere. O forse si era perso tra i mille volti e voci dei personaggi di cui riproduceva alla perfezione tic, difetti e vezzi. È la sua spettrale presenza il leit motiv di La voce - Il talento può uccidere, debutto dell’attore, regista e autore teatrale Augusto Zucchi. Incombe da enormi schermi sul protagonista, che - plagiato dal suo psicanalista e sfruttato dai servizi segreti per le sue straordinarie capacità vocali - del suo nume tutelare finirà per replicare il destino. Da uno spunto di partenza interessante, invece di un anomalo biopic velato nasce un intreccio che - assuefatti come siamo a scandali politici ben più eclatanti – risulta deludente. Sotto le spoglie del noir politico, questo film d’altri tempi cela ambizioni che il budget e l’inesperienza non permettono di soddisfare. A Rocco Papaleo, spaesato e poco carismatico in panni a lui non consueti, abbiamo preferito Augusto Zucchi, la cui (vera) voce esprime un potere che il suo film purtroppo non possiede.
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