Regia di Jon M. Chu vedi scheda film
La regia, nella persona di Jon M. Chu, l’ha avvertito: a esplodere idolo pop in tenera età si rischia d’implodere in una maturità poco lusinghiera (confrontare Lindsay Lohan e Britney Spears). Ma Justin, promosso da imberbe Biebs a Mister Bieber dopo l’ammiccante singolo Boyfriend, ribatte con voce suadente su base accattivante: «Piuttosto che farti atterrare dalla forza di gravità, devi affrontare i problemi e volare». Il documentario-performance è sintonizzato sulla stessa frequenza, un montaggio rapido e enfatico che coinvolge un centinaio abbondante di esibizioni acclamate, un paio di domande retoriche sulle cose che contano e gli occhi adoranti della mamma di fronte al suo bambino coi pantaloni veramente troppo grandi. A 19 anni Bieber ostenta poche certezze, tra cui svetta il prezioso insegnamento «non lasciare che siano i vestiti a indossare te», e una semplicità d’animo commovente se paragonata alla destrezza di stelline generazionalmente vicine ma già scafate imprenditrici di se stesse (confrontare Miley Cyrus). Nell’ora e mezza infarcita di esibizioni stupefacenti e inquadrature ad hoc di giovani fan in preda a insonnia (e convulsioni) d’amore, il regista habitué di Step Up infila l’impegno dei coreografi e il pathos delle ballerine - rigorosamente solidali con le colleghe lasciate al palo dalla dura legge del casting -, e si concede una divertita sequenza zombesca dove il Nostro è ostaggio della sua auto assediata da ammiratrici fameliche. C’è pochissimo da “criticare”, qualcosa da ballare, speriamo ci sia altro da sapere.
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