Regia di Veiko Õunpuu vedi scheda film
Un dirigente d'azienda, un uomo mediocre e spaventato, un borghese molle e prigioniero della sua quotidianità, si trova coinvolto in un pastrocchio d'essai perso dentro un misticismo da bassifondi, un paesaggio desolato, fotografato molto bene in un bianco e nero efficace, e una serie di incontri misteriosi che, in teoria, dovrebbero santificarne l'esistenza. Film tremendo, questo dell'estone Ounpuu, che facendosi scudo con la pretesa del cinema d'autore, s'inviluppa in un tedioso, irrisolto, irritante lungometraggio senza capo né coda. Non c'è lo straccio di un appiglio, non c'è niente per cui valga la pena sorbirsi questi infiniti 120 minuti: questo è il classico cinema d'autore da evitare a tutti i costi, secondo il mio modesto parere. Che altro aggiungere, si può salvare la fotografia, come già detto, e una certa ricerca nelle inquadrature, ma non basta, non basta affatto. Addirittura, ad un certo punto, in uno degli inutili inserti onirici, si sente pure una canzone di Townes Van Zandt. Boh, chissà perché. Una gigantesca masturbazione senza eiaculazione finale.
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