Regia di Mario Canale vedi scheda film
Nel 2006, in un periodo durante il quale le cose non gli stavano andando propriamente per il meglio, Francesco Nuti cadde per le scale della sua casa e rimase in coma a lungo, riportando in seguito importanti segni neurologici. È questo l'antefatto che ha spinto Mario Canale a girare un documentario su quello che, tra gli anni '80 e i '90, fu uno dei Re Mida del botteghino cinematografico, grazie a film come Madonna che silenzio c'è stasera, Caruso Pascoski e Willy Signori e vengo da lontano. Ma si sa che tenere a bada l'ebbrezza del successo non è facile per nessuno. Ed è infatti proprio ciò che è accaduto al malincomico toscano, rimasto sulla cresta dell'onda anche quando decise di passare alla regia (cominciò nel 1985 con Casablanca, Casablanca), per poi cadere nello sconforto più totale a seguito dell'insuccesso di Occhio Pinocchio (1994), stroncato sia dalla critica che dal pubblico.
A raccontare l'amara parabola di un uomo arrivato troppo presto sul viale del tramonto dopo una vita di successo, denaro, automobili e moltissime donne, concorrono più di tutti suo fratello Giovanni, musicista di quasi tutti i film di Francesco, e poi molti tra gli attori e le maestranze che lo conobbero sul set. Quasi inevitabilmente, dato il clima saturnino che aleggia su tutto il film, ne esce un ritratto vagamente agiografico (si insiste molto sulle grandi capacità di regia di Nuti, il che è tutto dire), si ricostruiscono i primi passi compiuti con i Giancattivi (il loro unico film, Ad ovest di Paperino, fu il teatro di guerra nel quale si combatté l'ultima convivenza con Alessandro Benvenuti e Athina Cenci), si rievoca la partecipazione a Sanremo in veste di cantante. Molte immagini di repertorio, il sorriso gentile e accattivante del protagonista, le foto d'archivio e un pudore che non guasta sono gli ingredienti di questo documentario che non lascia certamente il segno per l'originalità.
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