Regia di Max Ophüls vedi scheda film
Caspita, siamo solo nel 1934, ma il film è realizzato con tecnica e disinvoltura che ci si aspetterebbe solo in anni più tardi, e non per niente è stato premiato. E' certamente un buon film che ha diversi punti di interesse, soprattutto per la figura femminile che ritrae. Donna attraente, ella finisce per far innamorare di sé suo malgrado tutti gli uomini che entrano in amicizia con lei. Non li seduce volontariamente e non li incoraggia, ma tuttavia lascia che succeda. Si fa cioè corteggiare con passività e una certa indifferenza, forse anche per vanità. Forse viene presa anche lei da una certa passione, che però un giorno (come nella lettera finale) imparerà, troppo tardi, a distinguere dal ben diverso amore. Il suo accondiscendere alle brame degli uomini, specie quelli in posizione meno opportuna a corteggiarla, provoca grandi sofferenze alla coppia e ai loro congiunti (mogli e parenti). Il suo lasciar fare porterà infine a una tragedia, che la vedrà tormentata da un tremendo e motivato senso di colpa.
Il film mostra egregiamente la forza distruttiva delle passioni, specie nella figura dell'attempato uomo d'affari, che abbandonandosi ad esse distrugge la sua vita familiare, sentimentale e professionale. Viene mostrata altresì la forza positiva e pulita dell'amore, di cui però né il bravo giovane (per vigliaccheria e debolezza) né lei (per passività) sanno approfittare.
E' un film pessimista ma non cinico, che mostra le conseguenze di alcuni modi sbagliati di vivere l'amore, e di come una donna affascinante ma goffa e maldestra nel gestire la sua attrattiva possa causare non pochi disastri attorno a sé. E' un'opera intensa e partecipata, molto diversa dalla freddezza formale e dall'apatia di opere come “Lola Montes”, pellicola perfetta ma fredda. Troviamo anche il tema di Ophüls della vacuità della fama e del successo.
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