Regia di Giorgio Amato vedi scheda film
Spiazzante, questo è l'aggettivo che mi viene in mente dopo aver visto “The stalker”, l'ultimo lavoro di Giorgio Amato.
Spiazzante perché dal titolo e dalla trama mi aspettavo una storia e un tipo di film completamente diverso.
Lucio (un bravissimo Victor Alfieri), il protagonista, si è diviso dalla moglie Nadia (una altrettanto brava Cosetta Turco). Una separazione voluta da Nadia, che non sopportava più le molestie, le violenze psicologiche e fisiche da parte del marito prepotente.
Nadia cerca in tutti i modi di avere la custodia della figlia di 8 anni, alla quale Lucio è molto legato.
La frustrazione per la separazione, per le ingenti spese economiche che il divorzio comporta e soprattutto per le limitazioni nei rapporti con la figlia, rendono Lucio ossessivo e invadente in modo pericoloso nei riguardi di Nadia, che intanto cerca di rifarsi una nuova vita accanto ad un nuovo compagno.
Le cose precipitano quando il giudice, dopo l'ennesima denuncia da parte di Nadia per stalking, leva la custodia della figlia a Lucio.
Non vado oltre con la spiegazione della trama, perché il bello di questo film è proprio quello di entrare piano piano nella dinamica delle vicende.
Inoltre la trama solamente non spiega tutto un retroscena che invece la storia con i suoi personaggi comporta. Infatti quello che mi ha spiazzato è stato il fatto di non aver trovato del tutto negativo il personaggio di Lucio, che di fatto lo è, e questo secondo me è dovuto a come il film sia stato costruito, all'attenzione per certi particolari che sono risultati determinanti per il buon risultato finale.
Lucio viene mostrato nei primi 15 minuti circa del film nel suo aspetto più odioso: mentre spia la moglie, mentre entra di nascosto in casa, come un ladro, mentre fruga tra le sue cose, mentre mangia da solo e mentre da da mangiare al suo serpente, chiuso in una teca di vetro, un topolino riscaldato al microonde.
Anche Lucio pare un serpente che guarda da un vetro una vita che non gli appartiene più: la figlia, la casa, la moglie, la famiglia.
In seguito Lucio ci viene mostrato nel suo lavoro, quello di guardia giurata. Ci viene mostrato quando va a prendere la figlia a scuola, e in questo caso è un padre affettuoso e premuroso, lontanissimo dalla figura che abbiamo visto in qualche scena precedente. Ci viene mostrato Lucio che mangia da solo in un bar, mentre guarda una giovane prostituta sul marciapiede.
Un uomo solo, depresso e pieno di problemi psicologici ed economici.
Questo è l'aspetto più umano di Lucio, quello che non lo rende solo un violento, solo uno stalker.
Lucio si vede sfuggire via dalle mani una vita a cui aveva creduto, e perde definitivamente la testa quando vede il nuovo compagno della moglie stare con la figlia, quando vede un altro uomo al suo posto vivere la sua vita passata.
Cercare di parlare con la moglie è ormai inutile e impossibile. Anche i rapporti sessuali con una prostituta diventano un pretesto per sfogare la propria rabbia. La mancanza di lucidità faranno prendere a Lucio decisioni sbagliate e sconclusionate, senza possibilità di tornare indietro.
La cosa che ho trovato “stonata” rispetto a tutto il film è forse proprio il finale, che secondo me non si sposa bene con quello che il film aveva mostrato e prospettato fino all'ultimo. Una soluzione cinematografica più che narrativa, che risolve alcuni aspetti della storia, del rapporto tra Lucio e la figlia, ma che ne tralascia altri che avrei preferito veder più approfonditi.
Chi si aspetta quindi un film sullo stalker così come ci viene mostrato oggi dalla cronaca o dai salotti televisivi rimarrà deluso. Quello di Giorgio Amato è un film più complesso, sul vuoto che la perdita della famiglia, della sicurezza economica e affettiva può lasciare e sulle conseguenti difficoltà che può comportare su soggetti borderline e violenti.
Si ha una sorta di comprensione per la situazione di Lucio, anche non condividendone i comportamenti violenti e disgustosi ovviamente, si riesce a comprendere la sua rabbia, la sua frustrazione, è proprio questa strana empatia verso il protagonista a rendere spiazzante il film.
Pare più un film sul disagio maschile piuttosto che su quello femminile, e sembra quasi un paradosso perché è la donna a subire le violenze fisiche e psicologiche più dure in questa storia.
Un film che lascia quindi senza risposte certe, la situazione complessa di Lucio e Nadia e della loro bambina non troverà soluzione con il finale del film, come purtroppo non trovano soluzioni le tante storie reali di molte coppie nella loro situazione. Un uomo che non riesce a staccarsi da una vita passata e persa e una donna che non riesce a liberarsi da un uomo violento e oppressivo.
Ottimo l'accompagnamento musicale e sonoro di Eugenio Vicedomini, che in alcuni punti è fondamentale, in una scena che mi è piaciuta particolarmente ad esempio viene letta la sentenza del giudice a Lucio riguardo l'affidamento della bambina: un primo piano su Victor Alfieri, la voce del giudice che legge la sentenza senza speranza per Lucio, la musica che sovrasta la voce del giudice in maniera prepotente, come un fastidioso mal di testa che non lascia spazio ad altri pensieri e leva lucidità.
Bravi gli attori, tutti. Molto brava la bambina Alessia Moore, alla sua prima esperienza con il cinema. Bravissimo Victor Alfieri, in una prova difficile e complessa, piena di sfumature, non si è lasciato andare a interpretazioni sopra le righe, ha compreso e interpretato alla perfezione un personaggio che non era così scontato come forse il titolo poteva far pensare.
Curiosità: anche in questo film, come in “Circuito Chiuso”, Giorgio Amato si ritaglia un piccolo ruolo, quello del nuovo compagno di Nadia.
Note personali: avevo apprezzato in modo particolare “Circuito Chiuso” ed ero molto curiosa e ansiosa di vedere il secondo film di Giorgio Amato.
Posso dire ora che Giorgio Amato sta diventando “pericolosamente” uno dei miei registi preferiti.
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