Regia di Marc Lawrence II vedi scheda film
Ai confini della realtà hollywoodiana tutto il mondo è Hollywood (chiunque ha un'idea per un film e ne ha uno del cuore - da Star Wars a Dirty Dancing -, tutti vogliono conoscere Matt Damon e far parte del dorato mondo di celluloide, e la vita intera è una continua balbettante riscrittura di un copione che ci rende perennemente insoddisfatti).
Persino dalla parte opposta a LA: Binghamton, ridente cittadina "nota" soltanto perché vi è cresciuto Rod Serling (The Twilight Zone, più volte evocato), per essere tra le dieci città americane più piovose, per le sue giostre, e per aver inventato un fulgido esempio di junk food come lo "Spiedie" (cubetti di pollo, maiale e altra carne infilati nell'immancabile sandwich).
Sorta di limbo/luogo di espiazione ove il fallito Keith Michaels (Hugh Grant) - premio Oscar per la scenaggiatura di "Paradise Misplaced" (nata favola per il figlioletto, diventata grosso successo di pubblico e di critica) ma che da allora non ne imbrocca più una - finisce suo malgrado trapiantato per fare ciò che i falliti normalmente fanno: insegnare.
O perlomeno, questo è il pensiero/assioma del disperato neo-insegnante universitario di "scrittura creativa" (oibò: il Professore per amore dello stupidissimo titolo italiano non c'entra una beneamata virgola avvinazzata: l'originale è The Rewrite), il cui ritratto è un insieme di tipologie e personalità alquanto familiare: nichilista, disilluso, egocentrico, emotivamente immaturo e incasinato (è separato, con il figlio non parla da un anno), ma anche brillante e dalla battuta - non sempre ben accolta o capita, spesso cinematografica - sempre pronta.
Bad teacher come tanti altri in letteratura: seleziona gli allievi guardandone il profilo (e le misure), col risultato che la classe scelta assomiglia a un concorso di bellezza (con due soli intrusi: il nerd dal futuro hollywoodiano assicurato, e il weird che non sa uscire dai confini intergalattici della saga creata da George Lucas), incomincia le lezioni con piglio annoiato e in modalità "alternativa", ha rapporti sessuali con una giovanissima allieva (alla domanda - retorica - di quella di "una certa età" Marisa Tomei «cerchi di riempire il vuoto spirituale con alcol e giovani donne?» il «sì!» in risposta è forte e deciso), è sostenitore convinto che nulla si possa insegnare. Men che meno come scrivere una sceneggiatura.
Chiaro(scuro): il purgatorio personale di Keith è un crepuscolo metacinematografico, un copione che già conosciamo, una riscrittura/sovrascrittura - variamente organizzata, organicamente avariata - di cliché. Sebbene, come suggerisce il personaggio della sempre meravigliosa Tomei, «dirlo è un cliché!». E allora sarà vero (le variabili, evidentemente, risiedono in altro: la ricerca di profondità, per cominciare), così come l'inchiostro versato per la sentenza odora di giustificazione e (auto)assoluzione.
Ripassarsi i passaggi obbligat(or)i, please: il cinico che prima, afflitto, rimpiangeva il tempo perduto rivedendo(si) il discorso tenuto in occasione della premiazione degli Oscar, si scopre avere sentimenti veri (quando ricorda la genesi del suo capolavoro; mentre guarda una puntata di Ai confini della realtà, La giostra), rompe la "trasgressiva relazione" pentendosi e redimendosi innanzi alla severa collega che vuole portarlo al comitato etico (ovvero licenziamento e sputtanamento globale via internet), capisce - strada facendo - l'importanza fondamentale dei valori accademici. Rinuncia, infine, a una clamorosa rentrée hollywoodiana perché la sua (tipicamente americana) "seconda occasione" significa scegliere la piovosa cittadina (irradiata da un sole splendente, alla fine) e l'insegnamento.
Sì, peccato per il terminale abbraccio buonista: dopotutto, il personaggio animato dalle smorfie e l'attitudine british di Hugh Grant una volta tanto funziona e piace(va), così come risultano assai godibili i - chissà quanto disinteressati, casuali - sussulti satirici (i produttori col ghigno stampato in faccia che ricercano esclusivamente "qualcosa di fresco", la "commedia al vetriolo con protagonista una donna cazzuta") e i comprimari di lusso (dalla suddetta Tomei a Allison Janney morigerata professoressa fissata con Jane Austen e "il potere delle donne", fino al'impagabile J.K. Simmons, rettore che si commuove ogni qualvolta parla delle sue donne: moglie e quattro figlie).
Inevitabile l'ammicante turbinio citazionista (da Bergman a Tarantino a Ragazze a Beverly Hills) che detta il passo e la "linea": il regista-sceneggiatore Marc Lawrence (in tutti e quattro i film diretti - Two Weeks Notice, Scrivimi una canzone, l'osceno Che fine hanno fatto i Morgan? e questo - protagonista è Hugh Grant) dimostra di conoscere l'argomento, ma avrebbe potuto e dovuto applicarsi (osare) di più (per uscire dai confini dell'esclusiva realtà della commedia "carina").
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