Regia di Nick Cassavetes vedi scheda film
Jaime Lannister perso tra le melmose lande di uno stilosissimo regno urbano alla Sex and the City non si può vedere; fa tristezza. E pena.
Invero, a far pena è, innanzitutto, e sopra ogni cosa, questa sciocca commediucola "al femminile" che, partendo da uno spunt(in)o esile come la vita di una modella taglia 36 e stravisto come il (un) sex tape di Paris Hilton, si ammoscia e allarga in uno sformato stracotto, stopposo e strapieno (di roba ad alto tasso di intolleranza).
Difficile da mandar giù, cotanta paccottiglia indigesta.
Eppure ce la mettono tutta, per acquisire l'anelata patente di commedia "trasgressiva". Laddove per trasgressivo, anziché fare un ragionamento anche leggero e (felicemente) volgare ma in ogni caso intelligente, arguto, credibile, i cosiddetti autori (inutile perder tempo per capire chi e cosa diavolo sono) e regista (toh, Cassavetes, Nick) intendono il facile inseguire modelli noti e recenti ricalcandone però solo le parti più puerilmente basse, di bassissima grossolana lega (presuntivamente) comica.
E così, in un tripudio di rutti, vomiti, barzellettesche burle alvarovitaliane (vedere per - non - credere), stronzi giganti di "cuccioli" giganti espulsi in interni trendy total white, presenze aliene discutibili tipo Nicki Minaj (che ha una portaerei come posteriore), il quadro ha i contorni, lo sfondo e il soggetto della becera farsa conclamata.
Pretestuose, sterili alla fonte e prive di ogni attinenza con la realtà, le tanto sbandierate istanze femminili, buttate lì solo per far caciara, per (tentare di) fare cassa avendo un target ben preciso, e come miccia accidentale per innescare la nobile arte di sganasciarsi. A comando.
Perché, piccolo trascurabile dettaglio, Tutte contro lui non fa ridere. Mai.
Tutt'al più si digrignano forte i denti, per l'irritazione: Leslie Mann che fa la svampita-stordita-stupìda nonché la fuori di testa è oltremodo insopportabile, e vorresti farla fuori già dopo soli due minuti (stoico, eroico Jaime/Nikolaj Coster-Waldau!); Cameron Diaz, rampante avvocato in carriera (come no), la si può tranquillamente e senza alcuna remora confondere con altre baggianate a cui ha preso (e probabilmente prenderà) parte (sono lontanissimi i gloriosi tempi di Tutti pazzi per Mary); la burrosa Kate Upton si limita a rifare sé stessa, o almeno questa è la sensazione. Altro che fiere paladine di un glorioso riscatto di genere: il ruolo più consono, al massimo, è quello di sciacquette perdigiorno, fastidiose quasi quanto un herpes genitalis.
Nel calderone finisce pure un Don Johnson in vacanza (o in semi-libertà da un qualche rehab), mentre immancabile giunge l'intermezzo esotico-cartolinesco (sfondo le Bahamas) e molesti motivi musicali "alla moda" spuntano ovunque come cristallino riempitivo della pochezza totale che avvolge il film. Che, non bastassero già le pene inflitte, tra una incomprensibile lungaggine e l'altra, dura pure troppo (quasi due ore): la noia affiora gaia e persiste ingorda.
Fino a che la lieta conclusione, con tanto di tumide didascalie del tenore "che fine hanno fatto e cosa fanno ora", allieta l'umore.
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