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Il signor Max

Regia di Mario Camerini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il signor Max

di obyone
7 stelle

 

Gianni, un giornalaio romano in procinto di imbarcarsi per una vacanza, viene scambiato per nobiluomo da una donna di egual lignaggio. Infatuato della bella aristocratica decide di abbandonare i propri propositi di viaggio per imbarcarsi nello stesso traghetto della dama dove finalmente potrà vivere a ridosso di quel mondo a cui brama di appartenere da tutta la vita. In tali circostanze conosce la serva Lauretta chiamata ad assecondare tutte le bizze della famiglia. Gianni diventa il "Signor Max", donnaiolo e scialacquone. Aristocratico per dedizione, non certo per sostanza.

Tornato a Roma, senza un soldo, alla chetichella e prima del previsto, incontra, qualche tempo più tardi, la giovane domestica dando il là ad una serie di ambigui cambi di personalità.

Alberto Camerini mise insieme nel 1937, per la terza volta, la moglie Assia Noris e Vittorio De Sica, e diede vita ad una commedia sentimentale destinata a sconfiggere la ruggine del tempo. In buona parte fu merito del remake di Giorgio Bianchi ("Il Conte Max', 1957), in cui lo stesso De Sica recitò la parte dell'aristocratico privo di sostanze. Ben più modesto, invece, fu l'apporto della pellicola diretta da Christian De Sica nel 1991 che si ispirava principalmente al film di Bianchi e che voleva essere un omaggio del figlio verso il padre.

"Il Signor Max" di Mario Camerini accontentava un pubblico sempre più insicuro e fragile, quello del 1937, bisognoso di dimenticare l'autarchia imposta dal regime ed i sacrifici richiesti per rendere grande il paese. Aveva dunque un ruolo sociale ma non ne aveva uno politico così evidente.

Il film non presenta novità degne di nota. Non quelle provate nella rappresentazione futuristica della Milano vista ne "Gli uomini che mascalzoni..."Nemmeno quelle respirate nella povertà morale e materiale nascosta dal paravento francese di "Darò un milione".

La storia (d'amore) era in linea con le aspettative dei paganti che chiedevano un'ora di distrazione dalle pene del presente. Lo svolgimento, piuttosto classico, portava gli spettatori verso un viaggio di riscatto sociale e sentimentale tanto noto quanto rassicurante.

Assia Noris, come già in precedenza, incarnava i valori delle ragazze italiane dedite al lavoro, pronte a rimboccarsi le maniche per uscire dalla miseria, sagge, sognatrici e naturalmente virtuose. De Sica, a contrario, impersonando il raffinato Max ed il popolano ma benestante Gianni, mise in mostra il proprio repertorio teatrale tenendo in piedi l'impalcatura leggiadra di una pellicola che si reggeva sulle gambe salde del bipolarismo sentimentale.

A volte buffo, a volte romantico, "Il Signor Max" parlava al cuore delle giovani italiane in cerca di marito e insegnava agli uomini il rispetto delle proprie origini sociali. Il film elargiva la propria morale come una benedizione. Come il Duce raccomandava, dalla cornice votiva visibile alle spalle dello zio Pietro in una scena del film, "era meglio una vita concreta e laboriosa che perdersi dietro le facezie di ricchi e fannulloni aristocratici senza futuro". Per ovvio rispetto verso la Casa Savoia le dame viziate incontrate da Gianni vennero dotate di un accento straniero che dimostrava quanto i costumi italici, così moralmente elevati, fossero corrotti dall'altezzoso mondo anglosassone.

Siamo, dunque, di fronte al paradosso di una pellicola che pur non rappresentando affatto le condizioni di vita della molteplicità dei sudditi del Regno rappresentava un'epoca ben precisa del nostro paese.

L'esaltazione dei buoni sentimenti, la concretezza delle scelte prese dai protagonisti, e l'abiura di un mondo fondato sull'esteriorità erano gli elementi fondanti di un film allineato al pensiero dominante ma comunque allegro e coinvolgente.

"Il signor Max" presenta qualche brusco passaggio all'inizio della narrazione ma, nella sostanza, è un buon film, ottimamente interpretato da De Sica, rischiarato dalle schermaglie amorose tra Lauretta e Gianni, rallegrato da un'ignoranza borghese che viene scambiata per stile.

Il messaggio finale, ovverosia rimanere se stessi e ben piantati per terra, mantiene inalterato, ancora oggi, il proprio valore.

 

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locandina

Il signor Max (1937): locandina

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