Regia di Sean Anders vedi scheda film
Era da tempo immemore che mi era venuta voglia di vedere il sequel di Come ammazzare il capo... e, quando è venuto il momento di poter sopperire a questo desiderio, mi sono accorta di ricordare poco o niente della pellicola precedente, così, dal più profondo della mia pignoleria, ho recuperato il primo capitolo (di cui trovate comunque qui la recensione scritta a suo tempo, ahivoi ero di poche parole) prima di accingermi a vedere il secondo.
E già dalle prime sequenze, mi sovvengono svariate domande. Non capisco il motivo per cui si sia deciso di mantenere invariato (o quasi) il titolo anche se in nessun momento del racconto, emerge un desiderio omicida. Dopo un po’, quando fanno capolino i vecchi protagonisti, vittime dei pensieri assassini, è chiaro che l’intenzione (come avevo fatto a non pensarci prima?) è quella di sfruttare al massimo l’onda del successo ottenuto dalla pellicola precedente, inutilmente direi.
Inutilmente perché, in quanto a contenuto, la presente è anche meglio del primo capito di questa breve saga. Lo è in contenuto e in messa in scena. Non solo si avvale di una sceneggiatura più corposa, ma anche il buon metodo utilizzato per rappresentarla, finisce per essere più accalappiante della precedente pellicola.
Avendo avuto la possibilità di vedere entrambi i film conseguenzialmente poi, vi posso assicurare che questa differenza notevole finisce per essere ancora più chiara. La presenza poi dell’egoista ed egocentrico Bert Hanson, interpretato da Christoph Waltz, non ci permette nemmeno di rimpiangere Kevin Spacey, qui rilegato in un ruolo a dir poco misero.
Ovviamente non è nulla di più di una commedia all’americana. Dove le battute e i doppi sensi si susseguono anche nelle situazioni più improbabili, finendo per infettare anche quel poco di buono che c’è.
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