Regia di Sean Anders vedi scheda film
Raccontare il lavoro, nel cinema di oggi: lo si fa per traslati grotteschi e storici, come nel finale schiavo vs schiavo di Django Unchained e nell’assenza di compassione per i pari di 12 anni schiavo, oppure vis à vis, con un’ampia filmografia della crisi dal facile realismo (che s’eleva nella cronaca favolistica prima di Miracolo a Le Havre e poi di Due giorni, una notte, in cui si guarda l’inevitabile guerra tra gli ultimi cercando il miracolo di una rinascita etica, finalmente possibile, nel degrado morale). Come ammazzare il capo contribuisce a questo affresco sul contemporaneo mandando a ramengo l’idea di una impossibile lotta di classe omicida e sciorinando padroni che possono permettersi di tutto, sino a stuprare il corpo dei sottoposti. Che ne godono, e non solo per masochismo ideologico: perché se la stupratrice è la dentista Jennifer Aniston, l’immaginario dei soliti bamboccioni e del loro subdolo machismo s’accende. Questo secondo capitolo - in cui i tre protagonisti, ora imprenditori di se stessi, sono mandati in bancarotta da un finanziatore - resta una farsa demente e regressiva, che cerca un senso nel rilancio scatologico, nel parolacciaro e
nel politicamente scorretto (scatenando, negli Usa, inutili dibattiti) e crede di costruire thrilling comico con gli effetti collaterali e cartoonistici di un rapimento idiota (che sostituisce la parodia di Delitto per delitto del primo episodio). Wow.
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