Regia di James Napier Robertson vedi scheda film
USCITO IN NUOVA ZELANDA NEL 2014
VISTO SU PRIME VIDEO NEL NOVEMBRE 2022
Cercare un riscatto per sé stessi e allo stesso tempo aiutare il prossimo. Se sei un maniaco depressivo non ne hai nessuna colpa, ma finisci comunque sul libro nero della società. Il tuo umore oscilla dalla gioia incontenibile alla totale incapacità di fronteggiare la realtà e così perdi credito anche con le persone che ti amano. Se passerai la notte su una panchina del parco o sul sedile di un’auto parcheggiata, diranno di te che sei un barbone. Sarai isolato e perseguito, perché se anche nelle tue azioni non c’è violenza, starai comunque infrangendo qualche legge. A nessuno importerà nulla che tu sia anche un fenomeno degli scacchi e un uomo generoso e pacifico. Le sole vie d’uscita saranno l’accettazione della malattia e la costanza nel curarsi.
È del regista neozelandese James Napier Robertson questo piccolo film biografico (prodotto dall’amico attore Tom Hern) dedicato al connazionale Genesis Wayne Potini (scomparso prematuramente nel 2011), giocatore di partite lampo di scacchi (della durata di un minuto) e affetto da un bipolarismo grave che lo costringeva a frequenti spedalizzazioni in psichiatria e a una vita spesso isolata e simile a quella di un senzatetto. Nell’ultimo decennio della sua esistenza Potini riuscì a regolare l’assunzione dei farmaci e a riscattare la propria esistenza, in particolare con l’istituzione, insieme ad alcuni vecchi amici, del gruppo scacchistico The Eastern Knights (I cavalieri d’Oriente). Il circolo, in particolare, si dedicava all’assistenza e recupero dei bambini con disagi o in stato d’indigenza, insegnando loro il gioco degli scacchi.
La pellicola, pluripremiata in patria e giudicata uno dei più grandi film realizzati in Nuova Zelanda, fa ruotare la vicenda del protagonista intorno alla preparazione e partecipazione del gruppo di giovani scacchisti a un torneo di livello nazionale a Auckland. Ma, soprattutto, la storia indugia sulla vita sofferta di Genesis (interpretato da un ispirato Cliff Curtis, visto di recente in Shark - Il primo squalo, 2018), di continuo in lotta contro i propri demoni interiori. L’opera di Robertson ha il limite di puntare quasi esclusivamente sull’interpretazione dell’attore di Rotorua (alla sua prima prova di un certo impegno drammatico). Per il resto il ritmo soffre di troppi rallentamenti e anche quando la vicenda entra nel vivo stenta a far scattare la profonda immedesimazione dello spettatore.
Il tentativo di analizzare la penuria di opportunità di uno spaccato della società neozelandese (ma anche del resto del mondo occidentale) con - ad esempio - la descrizione del gruppo di manigoldi capeggiati dal fratello maggiore di Potini e le sue scellerate regole scritte nella vita di strada (in questa parte notiamo il giovane James Rolleston, che sarà anche nel prossimo film di Robertson, Whina, del 2022), si smarrisce in un’analisi fiacca e poco coinvolgente.
“Una performance di piombo che trafigge il cuore”, recita uno slogan che accompagnava il lancio di quest’opera che invece, a mio avviso, spreca l’occasione di andare davvero a fondo nel dramma dell’uomo e della Nuova Zelanda. Guardabile, senza troppe aspettative. Voto 5,9.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta