Regia di Cédric Jimenez vedi scheda film
Un film decisamente impeccabile sul piano formale, da un punto di vista tecnico. Ritrae molto bene le dinamiche malavitose della French Connetcion, che raggiuge il suo boom negli anni 70, realizzando un vero e proprio business criminoso che si basa sul racket di negozi e locali i cui proventi vengono investiti nell’acquisto di morfina base che passa dalla Turchia per poi rivenderla in eroina pura in America, soprattutto a New York. Descrive anche in maniera minuziosa che la French Connection non è soltanto un unico clan, magari marsigliese, ma è una vera e propria rete, a cui partecipano i marsigliesi, i Corsi, poliziotti e politici corrotti a partire dal sindaco della città.
Il giudice Pierre Michel (Jean Dujardin) nel 1975 passa dalla sezione minorile a quella dei narcotraffici. Dopo qualche tentennamento, si mette subito al lavoro con un team di poliziotti per sgominare l’intricata piovra, partendo da quelli più piccoli, per arrivare fino al capo, o uno dei capi, della piovra, ‘Tany’ Zampa (Gilles Lellouche). Dopo i primi successi, sembra arrivare a un punto morto, chiede al procuratore l’autorizzazione a sorvegliare Zampa e il Folle senza motivazione legale, a così riesce ad arrestare soltanto il Folle che stava per ammazzare Zampa, visto che Zampa lo aveva estromesso dagli affari e tentato di farlo ammazzare.
Il punto di svolta si ha quando un poliziotto fedele rivela al Giudice che a capo dell’organizzazione non c’è solo Zampa, ma anche i Corsi, come veri e propri soci per la raffinazione della morfina base, in più c’è di mezzo il sindaco, con il quale il giudice ha appena avuto uno scontro duro, e che gli costa caro, perché il procuratore è costretto a togliergli il narcotraffico. Ma il giudice continua imperterrito. Con le nuove elezioni di Mitterrand, il ministero dell’interno gli riassegna l’incarico, riunisce una vera e propria task force di poliziotti incorrotti, pedina zampa e i Corsi, riesce a intercettare il laboratorio di raffineria, imprigiona il chimico, e sferra un colpo basso a tutta l’organizzazione. Oramai Zampa e i Corsi sono alle strette. Ma i Corsi, per timore che qualcuno canti in prigione sul loro conto, decidono di fare fuori il giudice e Zampa. Con due colpi di pistola a freddo muore il giudice; Zampa, nel frattempo, con l’assassinio del giudice, capisce che non c’è più niente da fare, si dà alla macchia ma viene preso dalla polizia, con buona pace dei Corsi e della corruzione negli apparati polizieschi. Il discorso sula grandezza della Nazione e del Giudice viene ripreso nel film in modo molto crtico e come un colpo duro alla Francia, perchè lascia emergere che la bomba non è stata affatto disinnescata, nonostati i morti ammazzati.
Un film amaro, con una sintassi à la Scorsese, che lo rende un po’ meno francese, ma perdendo un po’ di anima sia dello stile di Scorsese e del buon film francese. Soprattutto perché i personaggi vengono profilati in maniera rigida, senza far trapelare più di tanto i loro drammi esistenziali, almeno emozionali. Ben congeniata la relazione speculare tra il Giudice e Zampa, stessa adesione alla famiglia, stessi valori di vincita a tutti costi, e forse qualche stima reciproca come nemici.
Ma era proprio il caso contrassegnare tutto ciò anche con la similarità fisica, con la stessa pettinatura, lo stesso sguardo? Già il film è difficile da seguire nella minuziosità di tutte le trame e sottotrame, se poi i due nemici diventano anche uguali si fa fatica a distinguerli, e vi confesso che qualche passaggio me lo sono perso nella svista erronea proprio per questa somiglianza. Il regista ha fatto di tutto per rendere quest’opera una sorta di manifesto della criminalità organizzata nella Francia, rendendo onore al Giudice e a poliziotti che credono sinceramente nella loro professione. È stato molto bravo nel far vedere la corruzione dilagante nella politica non solo locale di Marsiglia, e la sotterranea complicità del procuratore per il quieto vivere. Abbastanza centrate le paure delle rispettive mogli del giudice e di Zampa, soprattutto della moglie del giudice che prova tormento per il suo uomo, il giudice, che pur essendosi liberato dalla dipendenza da gioco è ormai vittima di un’altra dipendenza, quella contro la criminalità, pur di vincere fino all’ossessione, a costo della vita… e si sa che i giocatori si eccitano al massimo proprio quando sanno di poter perdere tutto.
Forse bisognava che la regia e gli interpreti si lasciarssero andare un po’ di più ai sentimenti, far vedere questi personaggi nella loro morsa esistenziale, non perché fosse necessario, ma perché il regista lancia il sassolino, ce ne dà un assaggio, ma poi si ritira nella rigorosa formalità. Peccato, ne poteva uscire un capolavoro. Invece questa somiglianza fisica tra il giudice e Zampa non l’ho trovata una bella idea estetica, anzi a una prima visione del film alimenta, a me sicuramente, confusione di lettura. La trama poi, per quanto sia girata con molto spessore, per la sua complessità doveva essere articolata un po’ meglio, ma questo è un mio limite. Insomma un bel film, ma troppo corretto nella forma, doveva essere più sciolto, maggiormente introspettivo. Ma rimane un bel film. 6,5
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