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French Connection

Regia di Cédric Jimenez vedi scheda film

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La recensione su French Connection

di mc 5
10 stelle

Colpa mia che il film l'ho visto troppo tardi e poi ho aspettato qualche giorno a recensirlo. Sì, perchè avrei voluto raccomandarvene caldamente la visione, ma quei simpatici dei gestori dopo una sola settimana lo hanno già eliminato da tutti i cinema della mia regione (Emilia Romagna). D'altra parte che si fa di fronte ad un flop totale? Soprattutto se c'è un cazzo di Cevoli che spinge. Scusate il linguaggio ma sono "leggermente" esasperato. Quando ti senti accerchiato dai Siani e dai Cevoli e vedi "umiliato" un film bello e potente come questo, eh beh, ti girano un pò i coglioni. Insomma il film ormai è andato, nelle sale non c'è più, Ma chi non l'ha visto ne prenda nota che il DVD prima o poi arriva. Presente il "polar", genere in cui i francesi eccellono? Questo ne è uno degli esempi più autorevoli ed intensi. Pervaso da una sensazione di dolente malinconia, il film è appassionante e regala emozioni intense, precipitandoti in un clima vintage che ti prende il cuore (è ambientato a cavallo tra anni 70 e 80, in una Marsiglia al centro di colossali traffici di eroina che si consumano tra Francia e America, coinvolgendo mafia e malavita e permettendo ai boss di arricchirsi a dismisura). Alla faccia di centinaia di ragazzi che muoiono per overdose. Soldi che vanno in macchinoni, ville e megadiscoteche. Pierre Michel, giudice-poliziotto dell'Anticrimine, con un passato da giocatore d'azzardo "addicted" ora guarito, sta male quando gli capita di ricevere nel suo ufficio una povera tossica disperata e in nome di quella ragazzina (che ovviamente morirà presto stroncata dalla solita dose fatale) dedica tutta la sua vita ad affrontare i trafficanti di morte ma soprattutto a smascherare il cancro della corruzione che in "quella" Marsiglia aveva messo solide radici anche tra la stessa polizia. E' una lotta sfiancante la sua, per la quale pagherà un caro prezzo, ma tutt'altro che sprecata perchè il marcio del crimine verrà estirpato alla radice. Anche se resterà, alla fine, un senso di frustrazione pensando ai poliziotti corrotti che rimarranno in gran parte ai loro posti e soprattutto sarà triste vedere i politici che hanno sempre "abbozzato" per non affrontare rogne e che ora si esprimono con frasi vuote ed ampollose, traboccanti retorica e luoghi comuni di circostanza. Ci tengo a dire una cosa. Quando Michel si reca dai superiori e dal sindaco per reclamare uomini e mezzi e si sente trattato come uno ossessionato e monomaniaco, vengono in mente le cronache di oggi. Quel giudice-poliziotto potrebbe benissimo essere un nostro Di Pietro ai tempi di Mani Pulite, che nel film si trova a sbattere la testa contro un muro di gomma composto di politici complici che ovviamente fanno i garantisti coi colletti bianchi e che accusano chi è inflessibile di essere -ovviamente- giustizialista e/o manettaro. Tutto questo aspetto del film, che è molto -giustamente- insistito, induce una grande amarezza ma guadagna la condivisione del pubblico più sensibile ai problemi di giustizia. Nel film c'è una scena memorabile, quella in cui i due acerrimi nemici (il giudice Michel e il super boss Tany Zampa) finalmente si trovano faccia a faccia, in un luogo arido e isolatissimo, sulla cima di una collina, e qui devo dire che osservare i loro sguardi, leggere nei loro occhi, è un'esperienza cinematografica di quelle che ti lasciano un segno. In questo enorme film, la tradizione polar d'oltralpe evoca magistralmente le lezioni di due maestri come Friedkin e Scorsese, da cui il regista Cedric Jimenez ha saputo recepire gli influssi migliori. Che dire poi delle sequenze girate nelle discoteche, pervase da quel respiro crime-noir così irresistibilmente vintage, così affascinante nel riproporre gli stilemi del mondo dei gangsters. Un cinema questo che in Italia solo un folle potrebbe tentare di affrontare, ovviamente perchè qualunque produttore gli sghignazzerebbe in faccia, eh no, oggi sono i Siani e i Cevoli ad avere la via spianata. Anche se va detto che un'eccezione italiana c'è stata (quella che conferma la regola): il Michele Placido di "Vallanzasca" e "Romanzo Criminale". Ma è troppo poco. Sull'Italia dei corrotti e dei politici e dei colletti bianchi ammanicati si potrebbero girare chilometri di pellicole, ma no dai meglio Checco Zalone, vuoi mettere? Lui costa meno e fa sorridere esercenti e produttori, Se non fosse per un piccolo dettaglio: che i nostri cugini francesi sanno fare bene sia la commedia sentimentale che i film comici, ma anche qualche buon horror e polizieschi noir meravigliosi come questo. Noi italiani invece, con eccezioni che si contano sulle dita di una sola mano, SOLO COMICI e basta, E allora vai di FinocchiaroBisioLittizzetto o di ArgenteroBova finti gay, E concluderei con una standing ovation ai due attori protagonisti davvero immensi: Jean Dujardin e Gilles Lellouche, alle prese con due prove fantastiche. Una nota a parte che aggiunge qualità a qualità: una colonna sonora semplicemente da urlo.

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