Regia di Cédric Jimenez vedi scheda film
Storia di Pierre Michel, giudice inviato da Metz a Marsiglia nel 1975 per smantellare il traffico di eroina della French Connection guidata dal boss Tany Zampa. Storia vera, anni di piombo. Storia privata, intima, personale di due uomini dalla personalità ingombrante, dai molti nemici, la cui linea di demarcazione è tutta in un dialogo in cima a una collina, unico momento di contatto visivo tra gli immensi Dujardin e Lellouche. È nei loro personaggi, eredi legittimi di decine di volti deloniani e belmondiani, che si consuma un’e(ste)tica polar a tinte crepuscolari fatta di ambiguità morali, contraddizioni comportamentali, dissidi interiori e un’idea di legalità piuttosto malleabile da entrambi gli schieramenti. Se in interni Jimenez si rivolge alla tradizione di genere francese, è in esterni (scenografici e drammaturgici, nella messa in relazione dei protagonisti con il mondo istituzional-malavitoso) che French Connection alza lo sguardo per cercare Scorsese e Friedkin. La vicenda privata diventa così grande narrazione, equivalente transalpino del nostrano Romanzo criminale, con il quale condivide afflato corale, istinti pulp nella definizione dei personaggi e grammatiche realiste nell’abbondante uso di camera a spalla. Nella messa in scena filologica della Marsiglia che fu si riaprono ferite mai sanate: la giustizia, da quelle parti, è ancora lontana. E Michel diventa paradigma del presente.
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