La recensione su Accidental Love

Accidental Love (2015): locandina

Un chiodo sparato nel cranio probabilmente farebbe meno danni della visione di Accidental Love: un'esperienza atroce, d'indicibile sofferenza e travagliati, continui, pressanti nonché esistenziali dilemmi («Ma quanto manca ancora?», dopo circa tre minuti e mezzo; oppure: «Non ho mai - mai - abbandonato la sala anzitempo, ma proprio non ce la faccio più!»).
L'incipit, virato su zuccherose atmosefere fifties con Jessica Biel che zompetta gaia su pattini a rotelle, quasi quasi non dispiace: ma è veramente un attimo. Poi tutto crolla, lo spunto da farsa sfocia in una farsa a cui non ci si crede - né mai ci si abitua - per quanto è deficiente.
È tutto così incredibilmente sbalestrato, sbagliato, assurdo, imbarazzante che pare uno scherzo di cattivissimo gusto (di quelli che non augureresti nemmeno alla tua nemesi, o all'immancabile idiota leghista che spara minchiate al bar ... beh no, a quello sì!), oppure il risultato di un patto immondo («vediamo chi riesce a fare peggio!»), di una stranissima combinazione di fattori tutti negativi la cui somma porta ad una conclusione ancor più negativa. Le traversie legate alla pellicola sono note (basta farsi un giro in rete per farsi un'idea), eppure qualcuno ha avuto il "coraggio" di assemblare-montare-presentare-distrubire siffatto coso, che è palesemente un "lavoro" al quale hanno messo mano più "teste". Cosa avessero nella scatola cerebrale, non è dato saperlo; è invece facile capire perché David O. Russell (all'opera già nel 2008 come regista e sceneggiatore) sia scappato poi più veloce di una scimmia morsa da una tarantola e abbia disconosciuto il film.
Penosa per fattura, ritmi, tempi, direzione degli attori, ma soprattutto per una scrittura così puerile e puerilmente orribile da denuncia penale, Accidental Love è una commedia che non fa mai - e non è un modo di dire né un'esagerazione - ridere. Nemmeno per sbaglio, per caso, per carità ricevuta e grazia divina: non una battuta che vada a segno, non una situazione che crei una minima reazione positiva alla mascella (serrata, al contrario, in una costante espressione di insoddisfazione cronica e disgusto), non una scena in grado di divertire o quanto meno alleggerire i toni. Niente, nulla - ma manco una timida esternazione di flatulenze, o un sobrio disvelamento di avvenenti superfici femminili: solo noia p(i)attume diffusi. Cioè, ci vuole comunque impegno, del genio finanche: non è mica facile, per la miseria!
Nelle intenzioni - si può supporre - c'era una qualche satira nei confronti della società e della politica a stelle e strisce, della tanto famigerata sanità. Giusto un pretesto, ovviamente, giacché ogni cosa è impostata in modalità burlesca, in conclamata pagliacciata, con stupidissimi siparietti e pantomime che toccano nuove vette di idiozia. Improbabilissima paladina di diritti civili, Jessica Biel, che si batte per far approvare una legge che garantisca assistenza sanitaria per tutti: una pellicola "obamiana", che certo non finisce col fare un bel servizio ad Obama stesso ...
Affiancati alla (svampitissima) protagonista, un corteo di giullari impegnati a gareggiare per il trofeo della peggiore performance: Jake Gyllenhaal pare sotto anfetamine (e biasimatelo pure, poverino!), Catherine Keener invece sotto ricatto, mentre gli altri fanno da carta da parati (più o meno) animata ed il carico "comico" è suddiviso tra il vecchio Paul "Pee-wee Herman" Reubens (che si aggira con aria stranita) e il nuovo Tracy Morgan (pateticamente irrilevante).
Ammazza. Sui titoli di coda - oplà! - giungono pure gli errori sul set. Come se già tutto il film - immediatamente inseribile tra i peggiori di sempre - non fosse un clamoroso, mastodontico, assurdo errore.