Regia di François Ozon vedi scheda film
"Almodóvar incontra Hitchcock", strilla il messaggio promozionale del film. Sì, d'accordo. E Ruby è la nipote di Mubarak e io sono il Papa. Il povero Alfred tira berci dalla tomba dopo aver sentito una simile impostura. Il quattordicesimo film del prolificissimo Ozon, tratto dal romanzo di Ruth Rendell, miscela alla rinfusa gli ingredienti cari al regista (apparenza e realtà, perversioni, famiglia, amori impossibili) in un viavai continuo di gommapiuma, rossetti, vestaglie, pinzette, creme e parrucche. Pochissimo da dire sulla trama: lui (Duris) rimane vedovo della migliore amica di lei (Demoustier) ma deve anche crescere una neonata. Lei scopre che lui ama vestirsi da donna ("a Lucie manca la mamma", spiega sbrigativamente, creandosi un alibi con i suoi doveri paterni). Lei dapprima nicchia, poi ci prende gusto e il viavai si estende alle vetrine della città, in un contesto - come in tutti i film di Ozon - sempre altolocato, opulento, schifosamente ricco. Le due sfaccendate non possiedono un'identità sessuale molto nitida e così il gioco ondeggia per quasi due ore tra un "lo faccio" e un "non lo faccio" ora etero, ora parasaffico. Applausi a Roman Duris, tutto pelle e ossa, per avere così coraggiosamente ribaltato lo sciupafemmine de Il Truffacuori nel suo esatto opposto, ma dello slogan del lancio pubblicitario in questo che - con Potiche - è il peggior film di Ozon, di vero ci sono solo i travestiti di Almodovar. Ma neppure un briciolo del suo talento. Sul tema dell'eonismo in chiave di amicizia avevano detto e fatto molto meglio Billy Wilder (A qualcuno piace caldo), Blake Edwards (Victor Victoria) e Sydney Pollack (Tootsie).
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