Nella bella citazione da Il grande freddo, che avvia il film, l’obiettivo di Ozon scorre lentamente sul volto della bella e giovane Laura (Isild Le Besco), sulle sue labbra carnose disegnate dal rossetto (ricorrente presenza simbolica nel corso del film), sui suoi meravigliosi occhi verdi, per spostarsi sull’anulare inanellato, sulla coroncina di fiori fra i suoi capelli e sul suo abito bianco da sposa.
La mano che improvvisamente si era posata su quegli occhi per chiuderli era quella di David ( Romain Duris), il marito affranto che aveva voluto vestirla.
In questo modo apprendiamo che Laura se n’era andata per sempre, lasciando dietro di sé molto altro dolore: i genitori, una bimba di pochi mesi, e l’amica inconsolabile Claire (Anaïs Demoustier).
Una serie di flashback evoca successivamente l’amicizia fra Laura e Claire che si erano conosciute da piccole sui banchi della scuola primaria e da allora erano diventate inseparabili, tanto che, dopo gli anni degli studi, avevano condiviso divertimenti e conoscenze e si erano addirittura sposate nella stessa chiesa e nello stesso giorno, promettendosi ancora e sempre eterna solidarietà.
Nel ricordo di Laura, dunque, si collocava la promessa di Claire: David e la piccina avrebbero potuto, in ogni caso, contare su di lei.
Il guaio è che alla sua prima visita alla casa dell’amica, l’attendeva una sorpresa: la bionda ed elegante signora che stava amorevolmente porgendo il biberon alla bimba altri non era che David, che, dopo aver tentato goffamente di spiegarsi, le confessava la sua antica passione per i travestimenti femminili, ignorata da tutti, ma conosciuta da Laura che l’aveva accettata e, mantenendo il segreto, lo aveva sposato.
Claire, molto turbata, non si era rassegnata a questa realtà, che riteneva perversa e indegna di un vero padre.
Lo sviluppo del film segue, da quell’iniziale spaesamento, i progressivi cambiamenti dell’animo di Claire nei confronti di David, il riconoscimento, non esplicitato, delle ragioni dell’ambiguità di lui, diviso fra l’identità maschile e l’ammirazione di molti aspetti della femminilità, la complicità confidenziale che era anche condivisione del segreto (come era stato per Laura), l’attrazione per il maschio che continuava a essere presente in lui e che ora anche lei apprezzava per il coraggio insolito di rivelarsi con dolce innocenza, ciò che lo aveva reso ai suoi occhi davvero unico, diverso da tutti gli altri.
Ozon ci parla, ancora una volta, con grazia ed eleganza impareggiabili, in un mare di citazioni cinefile (da Hitchkock ad Almodovar), di uno dei suoi temi prediletti, quello dell’identità sessuale, comunemente etichettata con i generi (il maschile e il femminile) dalla società, più attenta alle semplificazioni, che all’anarchica realtà dell’animo umano, in cui impulsi maschili e femminili convivono in entrambi i sessi, a dispetto delle classificazioni semplicistiche.
Strettamente legato a questo è il tema, anche questo ricorrente nel regista, dell’ intercambiabilità dei ruoli che la società assegna convenzionalmente ai maschi e alle femmine: già presente soprattutto nel bellissimo Le Refuge, nel quale il regista ci aveva messi in guardia dal considerare “naturali” concetti e comportamenti che sono stati, invece, storicamente determinati.
Qui Ozon, adottando il leggero registro della tenera ironia, ribadisce la sua sorridente provocazione, aiutato dalle magnifiche interpretazioni di Romain Duris e Anaïs Demoustier. Film delizioso.
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